100 e ventiquattro. Errata corrige

Mamma, ma non ti ricordi di Stefania?
Il figlio precisetti è da sempre la memoria storica del gruppo.
Resto con la tazza del caffè a mezz’aria e in effetti mi stupisco di come io abbia potuto dimenticarla.
La nostra prima e unica gallina, almeno una citazione se la merita.
Mi tocca rimediare subito, che alla prossima lettura del diario il controllo qualità sarà implacabile.
Perché io scrivo, ma la famiglia legge. La mattina a colazione.
Si tentano i turni, ma di solito tocca al marito fare il frate lettore mentre gli altri si saziano. Tanto lui ingolla il liquido nero e scappa in ufficio. Prima però officia il rito di conoscenza ed espone il testo quotidiano al vaglio della truppa.
Stefania dunque.
Ci accoglie nella casa a noleggio, la villa da villaggio vacanze che abitiamo nel primo anno qui al nord. La troviamo in giardino e chiediamo ai vicini se per caso hanno perso qualcosa. È un’ottima scusa per fare conoscenza, ma la risposta negativa nega anche ulteriori contatti. In questa zona si tende all’isolamento, meno rompi meglio è.
Se anche il volatile solitario fosse fuggito, non è richiesto indietro e soprattutto non fa mostra di voler tornare da qualcuno.
Ok, ci teniamo la gallina.
In attesa dell’ovetto fresco, il figlio la battezza con una sua associazione nominale segreta che non è dato sapere. Il nome le sta bene. Che non risponda a nessun richiamo resta però un dettaglio importante.
Magari è sorda, mamma.
In effetti non la si sente emettere suoni.
E tra l’altro non produce neanche prodotti locali commestibili. Niente apporto di proteine giornaliero, forse è anziana, forse è in sciopero.
Pensandoci ora che abbiamo Corona e Calvà in affido, la prima gallina non ha né cibo né acqua. Troppo presi dagli scatoloni della nuova vita, non le forniamo alcun vitto. Ma lei è lì da prima, ha un’autonomia precedente.
I figli si siedono sul prato e la osservano. Senza saperlo fanno le prove per il futuro arrivo del minicane.
Tentano un approccio discreto, ma la pennuta non ricambia le attenzioni. Anzi, inizia a lasciare tracce sempre più consistenti del suo avvenuto autonomo sostentamento. La soglia dell’ingresso e il giro delle porte finestre si riempie di materiale ben identificato e non profumato.
Urge intervento. Di pulizia, ma anche di sgombero.
Presa l’estrema decisione, chiediamo aiuto ai nonni, in visita per due settimane.
La tecnica è semplice: attiri la gallina nel cartone e la deporti altrove.
Sempre che lei sia d’accordo. In caso di resistenza occorre pazienza, sangue freddo e un diversivo.
Tento lusinghe, offro insetti croccanti, stappo bottiglie d’annata. Dannata gallina, fatti prendere.
Uno straccio provvidenziale le sbarra vista e passaggio. Il nonno esperto di polli la afferra e la mette in scatola.
Nessuna tortura, solo una presa decisa e un trasferimento veloce.
Stefania viene accompagnata in un parco pubblico dove ci sono altre galline come lei, destinate alla didattica e non alla pentola.
Perché, vecchia mia, sei in pensione.
E l’abbiamo capito: a te occorre un posto sicuro.
A noi un ingresso pulito.

zona a rischio

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