LI. Ripensamenti

Sono volata dalle scale. Atterrata sulle ginocchia, ho travolto un cartone di succo all’arancia che ancora me ne vuole.
È venerdì. Ultimo giorno di scuola prima delle vacanze d’autunno. Voglio festeggiare con una piccola rivoluzione di ordine e pulizia. Ho strane vigilie, a volte. Il minicane osserva l’andirivieni con un occhio solo, con l’altro tenta di riprendere un sogno interrotto dall’aspirapolvere.
Mi manca solo mezzo divano, ma sono quasi le undici, la figlia esce fra mezz’ora e anche se la mascherina camuffa buona parte del disastro, non posso uscire così arruffata. Poso i panni sul tavolo per mettere una pentola d’acqua sul fuoco, che intanto che mi pettino faccio in tempo a cuocere la pasta. Attacco le scale con falcata d’atleta, ma mi ricordo del cesto che devo smistare di sopra. Mi giro e puntapam sbatt ahi!
Ritornare sui propri passi spesso è così.
In ginocchio davanti ai resti del movimento, riposiziono la rotula e metto tutta l’arnica che posso.
Niente di rotto. Poteva andar peggio. Io e il venerdì cadiamo spesso. Tempo fa dall’altra scala, ero in uscita per un rientro di figli a scuola. Il piede aveva più fretta del resto e ho passato il fine settimana in consultazione telefonica con il grande fratello delle distorsioni che mi ha rimesso in piedi senza troppi scatti alla risposta.
Stavolta non importuno nessuno. Anzi ometto. Che sia chiaro non soffro. Solo una spalla stanotte mi ha chiamato alle armi. Nel silenzio del coprifuoco mi alzo circospetta. Nessuno si sveglia, solleva solo un orecchio la minivedetta. Scendo piano, faccio un po’ di esercizi mirati. Sono le tre. Bevo una tisana che il succo anche no.
Penso alla fortuna di essere un po’ ammaccata, ma sana. E all’amica che ha sconfitto il corona con il suo gatto. Ai nonni che aspettavano a Casa il nostro ritorno chiassoso. Oggi dovevamo partire per raggiungerli, vedere gli amici, ma invece restiamo.
Viene voglia di dire ‘dai, ci ripensiamo’.
Meglio di no.
Le scale insegnano.

cadute

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