Sei. Partita

Sempre a proposito di strada.
Stasera la nostra ritrovata libertà ci ha permesso di raggiungere il vicino Belgio per un bagno di cultura locale al sapore di birra. Trattasi di altro legame familiare che, guarda la fortuna di un sorteggio gentile, si trova in trasferta a mezz’ora da casa nostra. Oggi la pallavolo internazionale si gioca in un palasport in mezzo al nulla, che raggiungiamo sotto una pioggia torrenziale. I figli sono pronti dalle cinque con la maglietta rossa regalo dello zio preparatore atletico. Il marito arriva trafelato ma puntualissimo. Il minicane ci congeda con uno sbadiglio e andiamo.
La strada è nell’ora del traffico di fine giornata, e devo scoprire per quale strana ragione i camion prediligano le autostrade fiamminghe: ce ne sono un formicaio. Per fortuna non compromettono il nostro anticipo e quando arriviamo il piazzale ha ancora molti parcheggi vuoti.
In francese chiedo i nostri biglietti alla signora dietro al vetro, ma mi mastica la risposta insieme a un enorme boccone di pane e salame e non capisco. Articolo meglio, forse mi sono spiegata male, parlano fiammingo in questa regione, ma il francese lo sanno. Lei sorride e continua a masticare. Forse si tratta delle restrizioni da coronavirus, guardi che ci siamo registrati sul sito dell’organizzazione. Ci hanno dato l’ok. I figli dietro pressano, ma ho intuito che bisogna aspettare. La signora deglutisce, sorride di nuovo e mi porge i biglietti. Non mi sono accorta che mentre masticava stava facendo scorrere i nomi sotto le briciole.
Due passi avanti con uno scanner ci controllano i codici e varchiamo l’ingresso. È ora di cena, ma per una volta abbiamo deciso di improvvisare. E infatti. Mentre cerchiamo di orientarci, un ragazzo in sedia a rotelle ci supera e ordina una birra al banco. Il marito si adegua e chiede se ci sono dei panini per noi. Di sopra. Ma intanto ha già pagato le due medie e aspettiamo. La voragine nello stomaco dei figli è attenuata con un pacchetto di patatine. A testa. Arrivano altre persone. Quattro ragazze, la cui altezza media è un metro e ottanta, ordinano birra – e cosa se no? – e si appoggiano al bancone ridendo; un nutrito gruppo di pance con la maglia della squadra locale ha già i boccali in mano. Si beve solo birra perché si vende solo birra. Dietro la ragazza che smista le ordinazioni ci sono centinaia e centinaia di bicchieri pronti per essere riempiti e nella calca di fine partita vedremo che serviranno tutti. Di sopra, c’è una specie di night club anni ottanta con uno schermo gigante sintonizzato su una partita di calcio e una ressa di gente che mangia patatine fritte, salsicce e toast ribattezzati croque monsieur per un’illusione di aristocrazia alimentare. I figli sono al settimo cielo. Io trovo una zuppa di pomodoro che dopo la birra è un’esperienza quantomeno interessante. La temperatura del locale supera i trenta gradi, così, per non fonderci come le sottilette del toast, finiamo in fretta la cena e cerchiamo i nostri posti a bordo campo.
In alto a sinistra, la vista è perfetta. E appunto per farsi vedere dallo zio i figli esibiscono la maglietta scarlatta in mezzo a un palazzetto gremito di tifosi dell’altra squadra. Ma il Belgio è sportivo e la gente cortese. Quando la nostra squadra batte loro fischiano, d’accordo, ma hanno le pon pon girl – giuro! – e un gruppo di giovani ballerini hip hop che si esibiscono alla fine di ogni set. Per la loro prima coreografia abbiamo aspettato più del previsto: il primo set è chiuso 29 a 31. E uno.
La figlia non brilla per discrezione e il signore accanto ci chiede in una lingua tutta sua se abbiamo la famiglia giù. Sì, beh, tecnicamente l’Italia è giù rispetto a qui ma…no, lui si riferisce a giù in campo. Ah, d’accordo.
M o n f r è r e.
Che numero?
No, no, non gioca. P r e p a r a t o r e.
Gesticolo, come se le mani potessero tradurre, e mimo con le dita il lavoro alla tastiera di un computer, per spiegare cosa fa in partita. Sì vabbè, anch’io, che fantasia…
Il nostro vicino sorride disorientato e ci dimentica.
E due.
La partita è ormai chiusa. I nostri arrivano da un altro pianeta, ma è bello vedere la squadra belga che ci mette il cuore, anche se sa già come andrà a finire: 0 – 3.
Lo zio è felice. Noi pure di abbracciarlo, anche se di corsa. Tra il nord della Francia e le Marche i chilometri sono infiniti e fa bene azzerarli in sere come questa.
È una vittoria da esibire contro qualsiasi contagio di tristezza.

m o n f r e r e

Spin-off
Ogni amica vera che si rispetti ha un fratello figo, sportivo, simpatico di cui ci si innamora al Ciao. Vediamo, fin qui tutto in regola: tu un fratello così c’è l’hai e sei amica mia. Peccato che, col tuo solito tempismo, il fratello me l’hai presentato quando era già fidanzato o convivente con qualche stangona che non era mai venuta in contatto con cellulite, brufoli, occhiaie e jeans Rifle taglia 46, che invece abbondavano nei nostri armadi!! Non fare la figa! Anche nel tuo!! Non venirmi a raccontare che il Montgomery rosso non lo portavi tatticamente x coprire le dimensioni dei quadri sul sedere…ma anche tu, portiamo la 46, ti devi comprare i pantaloni a quadri rossi e neri?!? Avoglia a mettere il basco in testa, quello non poteva distrarre tutto il tempo che era necessario x togliere il montgomery e sedersi. A quei tempi però non eravamo tanto amike, vivevamo entrambe un periodo ‘scuro’, la nostra amicizia è fiorita più tardi, non ricordo quando e soprattutto PERCHÉ !!!

Senza categoria

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: