Otto. Ad libitum
Abbiamo la caldaia nuova.
Niente di stravolgente di per sé, ma da quando è arrivata una piccola rivoluzione si sta verificando in casa nostra. All’inizio inconsapevole, strisciante, ora sempre più evidente: siamo liberi di decidere quanto far durare una doccia.
Abbiamo il potere sull’acqua e sul tempo.
Sic.
Quando siamo arrivati in questa casa, l’abbiamo sistemata nelle sue linee essenziali, senza intervenire in quelle strutturali, che potevano andare. Ora le stiamo cambiando a poco a poco, soprattutto per rendere le bollette più simpatiche. La caldaia non era ancora vintage, ma il suo legame ambiguo con un serbatoio ha determinato la sua recente dipartita. Questi i fatti: l’acqua calda era contenuta in un cilindro bianco di metallo che una volta vuoto doveva essere ricaricato e riscaldato elettricamente con un’attesa variabile da due ore a tutta la notte.
La caldaia si occupava dei caloriferi, ma lei e il serbatoio avevano un paio di tubi in comune, per fare cosa non l’ho mai capito.
Il tecnico ha tentato di spiegarmi il mistero della condensazione, ma il mio cervello ha la tendenza a spegnersi quando si entra in particolari numerici e mi fido sulla parola. Il marito serve anche per garantire che alla fede si affianchino i fatti, così la nostra squadra funziona. E squadra che vince non si cambia.
La caldaia invece sì.
La nuova ha fatto il suo ingresso trionfale in garage in un giorno di vento freddo, che si vedeva di più il vapore acqueo uscire danzando in giardino. Si è subito sentito il brivido del progresso. Prima l’acqua calda era a scadenza e fare la doccia – o lavare i piatti o il minicane – fonte di apprensione quotidiana. Sciacquarci sotto un getto gelido nel mese di gennaio ci aveva allenato alla velocità, ma avevamo perso il piacere.
La prima doccia infinita ha avuto luogo poco dopo l’installazione, il figlio si è tuffato cantando e l’abbiamo dovuto lusingare con un piatto di spaghetti per farlo uscire.
È stato un cambiamento radicale: non dovevamo più correre tra una goccia a l’altra per non lasciare al freddo il resto della famiglia. Eravamo destabilizzati, c’era un’eccitazione da abbondanza che rischiava di farci perdere di vista il senso del cambiamento. Ma non era troppo tardi, avevamo ancora l’abitudine di chiudere il rubinetto tra un sapone e l’altro È stata tuttavia necessaria una riunione di famiglia, dovevamo ricordarci i vecchi tempi in cui bastavano due minuti per essere puliti, tre se era il giorno dei capelli. Lo avevamo imparato con la vecchia caldaia.
E ora andiamo alla grande. Questa cosa del potere sul tempo e sull’acqua è molto forte. Rende l’esperienza della doccia un momento di scelta che non è come dirlo.
Stamattina sono scesa in garage e ho vista la vecchia che è ancora in un angolo buio, in attesa della discarica.
Addio, vecchia mia, grazie per averci insegnato cos’è la libertà.

Spin-off
La nonna Dora un giorno mi ha raccontato che solo quando sono venuti a Somaino nel ‘64 hanno conosciuto il vero benessere. Avevano il fornello che si accendeva con gli ‘zolfanelli’, la tv in bianco e nero e un bel boiler con tanta acqua calda. Quindi seguendo la logica per il compleanno quest’anno ti regalo una bella scatola di zolfanelli o cucini ancora sulla stufa? Vabbè gli zolfanelli servono comunque. Regalo azzeccatissimo! Finalmente il benessere ha sfondato la porta del garage ed è arrivata anche in casa vostra. Vero è (come direbbe Montalbano) che il benessere ci prova da tempo ad inondarvi di acqua calda, ma voi neeeente!! In Grecia si poteva far la doccia comodamente seduti sul water. In Francia vi insaponate per le scale e i ragazzi vanno a letto ancora con la schiuma tra le dita dei piedi. Mika, lascia entrare questo benedetto benessere e goditi un po’ di sana opulenza! E come diceva la nonna Dora ‘bom dai, fai un po’ l’asino anche se il fieno costa caro!!’
Miky , hai fatto un romanzo per la rottamazione dello scaldabagno elettrico, chissà se cambi la cucina , mi scrivi una trilogia.
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Robi, tranquillo, non c’è pericolo. Per ora la cucina resta la stessa 😉 Ciao!
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