Diciotto. Chi vuol esser lieto sia

La scuola a casa è un’idea magnifica: i professori mettono online lezioni e compiti quotidiani e gli studenti dimostrano di lavorare con restituzioni puntuali.
Ma se i siti sono intasati, l’attesa si trasforma in un lungo intervallo che tanto vale trascorrere fuori, con il sole che c’è.
Del doman non v’è certezza. Appunto.
Così stamattina, secondo giorno di confinamento in Francia, io e i figli scendiamo in giardino e tentiamo un riordino del puzzle che è diventato.
La terrazza è stata smontata durante le vacanze di Natale, in previsione di un’estensione del garage attualmente in pausa tecnica. Lavoro impeccabile fatto in nostra assenza, se non fosse che le parti metalliche, la scala e tutti gli assi di legno sono stati accatastati in buon ordine in un’area di sosta che corrisponde alla traiettoria dell’altalena, meta preferita della figlia.
Il marito, sollecitato nei giorni scorsi ad esprimersi sulla vicenda, sta attualmente studiando la tecnica migliore di spostamento, la futura posizione dei materiali e l’impatto visivo sul paesaggio.
La figlia intanto ha deciso in autonomia di coinvolgere mamma e fratello nell’operazione di sgombero.
Uniamo esercizio fisico e attività all’aria aperta, mettiamo a repentaglio piedi e mani in continuo pericolo di venire schiacciati da movimenti approssimativi, la schiena stasera avrà blocchi improvvisi e si incepperà sul più bello, ma siamo disposti a qualunque sacrificio pur di contribuire alla causa della libertà di movimento.
Foss’anche di una semplice altalena.
La figlia è nata per fare il tifo, il figlio ha l’energia del preadolescente che non vede l’ora di giocare a pallone. Io no. Ma ho una gran faccia tosta.
Un’ora – e varie sedute di osteopatia in previsione – dopo ne veniamo a capo.
Il risultato ci rende euforici, ma non concordi sui passi successivi. La squadra si disperde: chi collauda subito l’altalena sbloccata, chi la usa come porta per segnare la rete del secolo.
Chi si dibatte fra un ‘non spingerti troppo in alto che cadi’ e ‘attento a non colpire tua sorella’, che per fortuna come indovino faccio pena, altrimenti farei stragi di figli con le mie raccomandazioni del malaugurio. Me ne accorgo però e mi dedico ad un’altra delle mie attività preferite. Arredare.
Ora che si è liberata la pièce e con questo bel sole, potremmo fare merenda o i compiti qui fuori. Le panchine ci sono, piene di intemperie, ma con una bella passata di olio di gomito e aceto possono essere rimesse in attività.
Mancherebbe il tavolo…
Individuo due vecchi scaffali in metallo, eredità dei precedenti proprietari. Sono sofferenti e uno ha un buco di ruggine. Li prendo e li metto sdraiati uno accanto all’altro su un letto di prato. L’altezza è perfetta. La vecchia porta del bagno, scampata per miracolo alla discarica, rinasce come piano di appoggio. Via il blocco della serratura, una bella spolverata e ci siamo.
‘Se non puoi uscire dal tunnel arredalo’ mi disse un giorno l’amico guru.
Lo chiamo poco, il guru. Ma lo penso spesso.
Soprattutto in questa lunga galleria del contagio dove strizzo gli occhi di continuo per scorgere un bagliore.
Come Pinocchio ingoiato dal pesce, imparo il riciclaggio felice dei fuochi fatui.
Le false uscite. Le speranze illuse. On fait avec e intanto passa.
Ti penso spesso, caro guru, ma ti chiamo poco.
‘Mamma, chessimangia?’
Forse ti chiamo dopo.

cambio di stagione

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