Venti. Non fare fiera
Il diciannove marzo a Casa è festa.
È l’onomastico del marito e ogni anno arrivano le giostre – come noi provinciali definiamo il Luna Park – con gli autoscontri e lo zucchero filato. Il traffico viene deviato e un grande mercato occupa le strade, la domenica. Migliaia di persone passeggiano e si ritrovano nel tempo sospeso delle grandi occasioni.
Non per il marito, che peraltro varrebbe anche un tale coinvolgimento, ma in onore del Santo.
Da quando abitiamo qui al nord la fiera di San Giuseppe la viviamo per procura e nei ricordi.
I figli hanno fatto in tempo a litigarsi il posto di guida sugli autoscontri e ad inventare nuove suppliche per un altro giro ai trampolini, le mani impiastricciate e la bocca larga dei loro sorrisi.
Ho imparato la fede allegra da una sorella di mia nonna che mi portava nella chiesa dedicata a pregare per la salute. C’era una cesta all’ingresso del Santuario piena di donne, uomini e bambini in miniatura, ma anche di gambe, braccia, mani. Portavi il pezzo interessato e in una piccola processione fino al Santo ne chiedevi la riparazione o un miglior funzionamento. La zia prendeva due o tre statuette complete e vari arti in più. Sempre meglio abbondare. E rideva. Rideva sempre. Trovava divertente questa devozione interessata. Ma ci credeva. E ridendo andava ogni anno a chiedere se non una grazia, almeno un piccolo piacere, chessò, una mano. Una volta la ridarella contagiò forte mia mamma e la pratica venne sbrigata in fretta, perché le lacrime scendevano troppo rumorose.
San Giuseppe è la fiera del sole che scalda all’improvviso e sorprende: ma non era inverno, ieri? La primavera si imbuca alla festa e mette il vestito leggero.
Ora fa caldo anche d’inverno, le giostre non sono più un battesimo di guida spericolata, il mercato ha forse il sapore antico dei rimpianti, eppure mai come quest’anno ci saremmo voluti andare.
Anche solo per procura, nei racconti di chi è a Casa e ci chiama per gli auguri al marito.
Oggi che tutto è fermo, sospeso, annullato.
La pausa della paura.
La figlia fa un disegno per la festa del papà: una casa e un mare di fiori giganti con lei e lui al centro che si danno la mano.
C’è più di una mano da riparare stavolta, meglio portare tutto in abbondanza a chi di dovere.
E ridere, ridere ancora, che una fede allegra è più leggera e vola più in alto.
