Ventinove. Cambio di tempo
Un lato positivo di questo strano periodo sospeso è che non serve più la sveglia.
Il figlio ha un ottimo orologio biologico in tempo di pace e quando si alza lo comunica a tutto il resto della tribù. Impossibile restare a letto oltre le otto e mezza.
Ma nell’altra vita di sveglie ne metto tre, per essere sicura, dato che il marito ha un sonno insonorizzato che non aiuta.
Grazie alle funzioni degli attuali telefoni, posso prevedere una prima melodia gentile che mi avvisa dell’imminente levata. La seconda, più decisa, è mia mamma quando andavo al liceo ‘sbrigati! perdi il bus!’
La terza è definitiva, una doccia gelata, le campane a festa il giorno del patrono. E di campanili ne so qualcosa, cresciuta all’ombra di uno che suonava pure le mezze.
Ora non più.
Non più rincorse a fare il caffè.
Non più vestizioni lampo e saluti frettolosi.
Non più occhi impastati e calcoli assurdi su che ora sia ora che c’è l’ora legale.
Che proprio di questo parliamo a cena.
La figlia vuole capire, analizza i dati in suo possesso e da futura ‘scientifica’ mette l’orologio fra il pane e l’insalata e chiede spiegazioni.
Il marito parla di fusi orari, di risparmio energetico e convenzioni internazionali.
Io le racconto una storia.
È il mese di marzo. Stasera lavoro in un teatro in centro Atene ma, arrivata in stazione, mi sento dire che il prossimo treno sarà avrio, domani. Che l’ultimo era alle sette e dieci. Appunto, sono le sei e mezza.
Di ieri, fa il tizio dietro lo sportello.
Eh? Non capisco. Il mio greco funziona, ma lui mi ripete lentamente come se non decifrassi la lingua. E mi indica il grande orologio alle sue spalle. Ieri. Ora avanti. Oggi sette e trenta.
Schizzo a casa, avviso il marito che vado in macchina. Follia pura, dove parcheggi? ma non ho alternative. Prendo la superstrada e mi blocco. Il mare è finito, gli ateniesi sono tutti lì, di fronte a me: il rientro domenicale più intasato della storia. Non arriverò mai.
Chiamo la regista e sono preparata a tutto. Ma non alla sua reazione. ‘Che ore sono??’
Lo urla anche all’attore protagonista, suo convivente.
Tu quoque.
Scatta il piano d’emergenza, il darmi istruzioni e correre a tempo.
’le chiavi del teatro sono sotto la persiana a sinistra’
(la sala è una miniatura da sessanta posti in un vecchio forno)
‘ma sono appena partita!’
‘arrivi prima tu’ .
‘ma è tutto bloccato!’
‘tranquilla, tra venti minuti sei lì’
…
Narra la leggenda che lo spettacolo andò in scena puntuale, nonostante tutto, ma che ci furono mancanze tra i posti riservati. Arrivarono un’ora dopo. Da un altro fuso.
Come il sole comanda.
complicità