Trenta. La cura
Stanno tutti bene.
È il nuovo slogan pubblicitario della famiglia. Arrangiato in un jingle polivalente, passa in casa come rap, rock o lento a seconda dell’ispirazione e del momento. È la figlia che propone il ritmo, di solito, intonandolo mentre gioca con la Barbie o si difende dai mantra del fratello.
Siamo grati al telefono che ci porta notizie e sollievo.
Se tutti stanno bene ha senso lo stare qui. Ancora oggi. Un giorno in più.
Perché la casa insieme non è facile. La convivenza ogni tanto prende una brutta piega, ci si sta sui piedi, ci si parla addosso, ci si rompe il silenzio.
È raro vedere la squadra riunita in soggiorno, intenta a leggere o in attività prive di suono. Ma talvolta succede ed è qui che faccio foto: immortalo la micro vacanza da un quotidiano con troppi rumori di sottofondo.
In questo momento il marito si riposa, dopo due settimane di telelavoro in cui l’abbiamo visto poco, nonostante fosse in una stanza a pochi passi dalla cucina.
Quando lavora esce dal bunker solo per mangiare. E un paio di volte per pause lampo, tra una riunione virtuale e l’altra. Se non ce la fa abbiamo organizzato un comitato che a ore quasi fisse porta beni di conforto. Apre la cordata il figlio con in mano il tovagliolo, la figlia prende il bicchiere d’acqua, io ho il caffè e un paio di biscotti e saliamo la rampa di scale concentrati che manco sull’Everest. Se la siesta glielo permette, si accoda anche il minicane che si arrampica leggero e senza imbracatura.
Bussiamo alla porta, entriamo senza aspettare, tanto ha le cuffie e non sente.
Immagino la scena vista dai colleghi del marito che, mentre parlano di cifre d’affari e vernici all’acqua, si vedono irrompere questa processione timida e composta che appoggia il bar sul tavolino, fa ciao con la manina e se ne va.
Ma la nostra giornata così prende un’altra piega. Ritroviamo una direzione in giorni che vanno storti o non vanno proprio.
Nelle piccole cose, per dire. Il figlio ha la conferma che il computer non ingoi il papà, la figlia continua la sua osservazione sul lavoro a distanza, io mi assicuro che l’apporto di liquidi sia costante e il minicane si sgranchisce. Inezie.
Facciamo l’ennesima telefonata per chiedere come va, mandiamo una foto, mettiamo un cerotto su una bruciatura.
Curiamo la paura. Nel prenderci cura.

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