Trentadue. Diversioni
Ci sono giorni in cui pensi di sapere dove andare, invece la vita prende una direzione tutta sua. E tu ti ci devi adeguare.
Come oggi, tanto per fare un esempio, che dovevo solo uscire a fare la spesa.
Mi sveglio presto.
In tempi liberi, riempire la dispensa è un’attività senza infamia e senza lode, un’incombenza tranquilla da fare quando capita, non punto certo la sveglia per essere la prima davanti al supermercato. Ma siamo in confinamento da due settimane e non so cosa ci sia là fuori.
Mi vesto in fretta, trangugio un caffè veloce e prendo l’attrezzatura necessaria: borse capienti, guanti usa e getta, autocertificazione e protezione solare 50.
Il figlio mi saluta dalla finestra manco andassi in guerra. Suono alla vicina, se le serve qualcosa.
No, grazie, sono andata ieri. Stamattina cucio le mascherine per l’iniziativa di cui ti parlavo, se ne hai bisogno.
Due parole, lei sulla finestra io in strada. Dopo mezz’ora il marito è costretto a intervenire con garbo ricordandomi lo scopo della mia sortita.
Vado. Uff. Chissà che coda.
Invece non c’è nessuno. Sono le nove e all’interno del supermercato siamo in cinque. Due addetti stanno riempiendo i frigoriferi, la merce è meno fresca del solito, ma per il resto giro serena e faccio provviste per un mese.
Voglia di uscire ancora: zero.
Prima di pagare noto che vendono delle piante da frutto a due euro l’una. Povere, facevano parte del lancio primaverile dei prodotti da giardino, ma devono essere passate inosservate. Buon per me che adotto un alberello di prugne blu e tutta fiera mi dirigo in cassa. La signora davanti ha un melo e un carrello strapieno di sabbia per gatti. Il cassiere dietro al vetro antiproiettile appena installato non batte ciglio. L’assenza di mimica facciale dev’essere un requisito di assunzione.
Pago i miei viveri da fine del mondo, riempio il bagagliaio e metto il susino sul sedile davanti. Senza cintura che tanto il tragitto è breve.
La giornata familiare ha uno scopo ora: piantare l’albero in giardino.
La discussione anima il pranzo. All’entusiasmo della figlia si affianca il realismo del marito.
Dove lo metti che ci sono ancora i lavori?
Il figlio mastica in silenzio.
Decidiamo di interrarlo in un grande vaso – l’albero, non il figlio – poi si vedrà.
Apro la spedizione con arbusto in mano, minicane a tuffo nell’erba e figlio in sella alla bici. La figlia e il marito si attardano in garage per il recupero degli attrezzi. Saluto la vicina che dal cucito è passata al giardinaggio e le sto presentando il nuovo inquilino con radici, quando una biondina urlante esce correndo dalla porta verde.
Il papà! Il papà!
…
Si è chiusa la porta! Siamo fuori!
Ecco. Lo sapevo che dovevamo accettare l’offerta di maniglie della nostra amica.
Siamo stati troppo superficiali, pensavamo di scamparla, che tanto non ci capita e invece. Sbam. Un colpo di vento e siamo fuori.
Di questi tempi sarebbe anche una buona notizia, ma così, non so.
Siamo chiusi fuori, mamma, hai capito?
Sì, figlia, ho capito. Scusa se non chiamo i pompieri, tanto uno ce l’abbiamo come vicino, se mai lo disturbo dopo. Lascia fare a papà, vedrai che trova una soluzione.
Esce sconsolato, il marito, non si è ricordato di mettere la ciabatta di sicurezza.
Siamo fuori. Ma c’è il sole, abbiamo appena mangiato e nessun appuntamento.
Dove mettiamo l’albero?
là
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