Trentacinque. L’alternativa
Valangalù.
Vuol dire buongiorno in banzaiese.
La figlia lo parla correntemente, lei e gli abitanti di un paesino dell’Africa del Sud.
Valangalù, mamma.
Buongiorno anche a te, figlia.
La futura ‘scientifica’ non è nuova a queste abilità. Tempo fa aveva inventato la marincola, uno strumento musicale innovativo di cui si sono persi progetto e prototipo. Peccato.
Per il banzaiese ha deciso di annotare i rudimenti su un quaderno, la grammatica la scriverà in un secondo tempo, aspetta di vedere le possibilità di diffusione di questa lingua in alternativa all’inglese.
Per il momento è così.
È il suo compleanno.
L’ultimo con la cifra singola dell’infanzia, poi saranno numeri.
Stamattina c’è già fermento nel latte e cacao. Il più preoccupato è il figlio, che si informa sul catering e chiede uno studio di fattibilità dei regali. Il confinamento e l’assenza di uscite strategiche rende un po’ complicata la realizzazione della più grande festa del mondo.
Anche perché il comitato addetto ai preparativi aveva organizzato tutt’altro, gli inviti erano già stati recapitati, il regalo era l’esperienza da condividere con gli amici, ma è saltato tutto. Sarà per l’anno prossimo.
Intanto però occorre trovare un’alternativa.
Di solito prendo i regali quando li trovo, nel corso dell’anno, anche mesi prima, ma stavolta – vedi sopra – non era previsto. Quindi apro il sito e ordino. Non ho scelta.
La consegna è avvenuta tre giorni fa, il corriere ha mollato il pacco sotto casa, l’ho ringraziato dalla finestra, ho recuperato il bottino con i guanti e nascosto in garage.
Aspetto che vadano tutti a dormire per attivare l’operazione compleanno.
Apro la scatola di cartone. L’acquisto è perfetto. Sarà felice.
Purtroppo il dvd ordinato in aggiunta non è proprio come da copione. È un film che entrambi desiderano vedere da tanto, l’ho preso per regalarci un pomeriggio cinema tutti insieme. Ma è in inglese, spagnolo, portoghese e rumeno. Si saranno sbagliati.
Pazienza, leggeremo i sottotitoli. Niente da fare. Non ci sono neanche in banzaiese.
Mi concentro sulla confezione.
La realizzo in un tripudio di fucsia e arancione e preparo il biglietto d’auguri con un cartoncino A3 rosso scritto in oro: il mio omaggio chiassoso all’esagerazione infantile.
Prendo la scatola dei palloncini. Il figlio si è raccomandato tanto, per lui non c’è festa senza palloncini. Ma ne trovo quattro appiccicati e puzzolenti. Li butto e ripiego sulle ghirlande di cuori. Da fare, ovvio.
Nove cuori per ghirlanda. Nove ghirlande. Di più sarebbe masochismo.
Il figlio se ne farà una ragione, colpa del virus che cambia le buone pratiche.
La figlia non riesce a dormire, la sento di sopra che scende dal letto e risale, ma non prende le scale. Non si vuole rovinare la sorpresa.
Il rito che tiene.
Di solito, come oggi, la vigilia di festa io e il marito prepariamo fino a tardi. Io soprattutto, lui fa il tifo dal divano.
I figli vanno a letto presto e docili e aspettano.
Che si faccia mattina. Che si compia il rito di memoria.
Non ho un racconto di nascita da ripetere ogni anno. Non c’ero quando hai pianto per la prima volta, figlia. Non so se il sole brillava o scoppiava un temporale. Che ore fossero.
Ho fatto un piercing il giorno prima che arrivassi a casa, un anno e un po’ dopo tuo fratello. Avevi tre mesi e mezzo. Bevevi un biberon intero alla goccia. E ridevi grassa di pancia.
Hai sempre avuto un gran gusto per la vita.
Stai sorridendo anche adesso mentre dormi abbracciata al tuo panda.
Fra poche ore si sveglierà la festa.
Ci saranno telefonate, fotografie e l’immancabile torta al cioccolato.
Valangalù, ti dirò.
E poi…
Come si dice già buon compleanno in banzaiese?
