Quaranta. La gallina canta (p.f.)

Poteva essere una strage.
Poteva essere uno dei giorni più brutti del confinamento. Una data da segnare in nero sul calendario dei ricordi.
Poteva.
Ma no. Per fortuna.
Tutto si è risolto con uno spavento medio e un enorme chiasso.
Tipico nostro.
Sono le nove e un quarto. Il ciliegio è talmente pieno di fiori che sembra nevicato. Devo stendere e, già che ci sono, immortalare subito tutto quel bianco.
Il figlio si sta preparando alla lezione di matematica online, il marito verifica connessione e quantità di caffè. La figlia scende insieme a me.
La porta, tuttora senza maniglia (…), viene bloccata con un ingegnoso sistema di putrelle in gommapiuma che ne impediscono la chiusura. Così non avremo bisogno di scomodare i piani alti per rientrare.
Tutto è tranquillo. I vicini di sinistra lato giardino sono silenziosi, il pompiere è appena rientrato dal turno di notte.
La vicina di sinistra lato casa è uscita per la sua spesa settimanale.
L’immobile in fondo si sta attivando, ma è presto per tagliaerba e affini.
La figlia è sull’altalena (e dove sennò?) e mi guarda mentre cerco l’inquadratura migliore da sotto in su.
Niente da fare. Non rende.
Qui ci vorrebbe l’amico fotografo. Lui sa.
Io prendo giusto un fiore in primo piano, la meraviglia resta dentro l’idea.
Fine poesia.
Inizio fumetto.
La controfigura di Idefix ci ha seguite.
Approfittando della porta socchiusa, si è precipitato nel prato e corre libero e felice con la brezza mattutina che gli liscia il pelo. La musica in sottofondo è da pubblicità Barilla, campi di grano e papaveri al sole.
Finché non vede le galline.
Si blocca, le punta, calcola la traiettoria.
Ma dove vuoi andare? Tanto c’è la rete.
E mi dedico a panni e mollette sans-souci.
Mezzo secondo dopo si scatena un inferno che solo Uderzo avrebbe potuto disegnare.
Due volatili terrorizzati perdono piume e uova per strada incalzate da un Idefix con coda infuocata.
No, forse è un po’ troppo.
Altra vignetta: Corona corre a zig zag barcollando ubriaca come solo una gallina, dietro guadagna terreno una saetta di cane che sorride a tutto muso.
Comunque la si voglia dipingere è successo di nuovo. Stavolta dall’altro lato del confine.
Sarà la voglia di libertà che prende così, all’improvviso, in un mattino di fiori e silenzio.
O sarà che ‘sto cane è proprio mini e passa dove neanche un gatto. Ho controllato. Dopo.
Ora lascio la figlia a tentare un recupero verbale. Io esco in strada, suono ai vicini della vicina. Mi apre il piccolo in pigiama, lo investo di parole concitate. Le chien! Les poules! Chiama il papà! Ci vediamo in giardino, va’.
La scena è la stessa, sono solo tutti più sudati. Arriva un accappatoio blu con il telefono in mano. Improvvisa un balletto con il minicane, che abbaia felice di tante attenzioni. Perché la sua è solo irruenza da gioco: insegue galline come palline lanciate, solo che queste son più divertenti perché si muovono da sole. Ma vallo a spiegare a Corona e Calvà rifugiate in fondo al pollaio.
Butto la figlia al di là della rete in supporto al vicino che è mortificato – lui!? – è in telelavoro. In effetti sento voci multiple da riunione aziendale. Meno male. Pensavo avesse chiamato il numero verde per pennuti maltrattati.
Non ho parole, solo scuse.
Recupero il resto della famiglia, fuggiasco compreso. Gli do una strigliata da manuale da addestramento e alzo lo sguardo.
In tutto questo tempo – mezz’ora? due anni? – il figlio e il marito sono stati alla finestra con un occhio allo schermo con lezione in corso e il corpo sporto sul davanzale. Un pubblico teso, per metà divertito. L’altra metà la sento dopo, che te l’ho sempre detto di legare quel topo.
Ma va tutto bene.
Preparo una crostata da portare ai vicini come risarcimento danni. Un grande spavento può compromettere la produzione di uova, mi diceva sempre mia nonna, grande esperta di polli e tacchini. Appunto.
Dopo pranzo mando la figlia ambasciatrice di pace. Ritorna dal giardino con un uovo.
C’è una piccola scritta blu sopra: tout va bien!
Vicini così neanche nei fumetti.


meglio un uovo oggi

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