Cinquantasei. Un altro pianeta
Devo andare in farmacia.
Un consulto telefonico con il veterinario consiglia i fermenti lattici per il minicane e mi tocca.
Vado a piedi, sono solo cinque minuti. C’è il sole e con l’autocertificazione posso farlo. Ma subito la sensazione è straniante: è come se fossi in un mondo parallelo, irreale.
Non sono più abituata alla strada, alla gente, a camminare fuori. Non mi sento davvero in giro.
Sono piuttosto un drone che fotografa l’aria.
È quasi mezzogiorno, due macchine mi passano a fianco. C’è una donna con un bambino in braccio sul marciapiede di fronte. Sembra tranquilla. Io ho i guanti usa e getta in tasca e la mascherina nella borsa di stoffa. Cammino spedita e fiancheggio il parco pubblico chiuso. Due scivoli vuoti si fronteggiano coperti di fiori caduti.
C’è un furgone dei traslochi davanti a un cancello, la porta dell’abitazione è spalancata, intravedo un giardino pieno di luce dall’altra parte.
Caldo torrido, assenza di traffico, forse siamo in piena estate e non al colmo di una pandemia mai vista.
Arrivo in piazza.
La libreria ha mezzo portone aperto e la proprietaria sulla soglia un sacchetto in mano. È una pusher mascherata che spaccia stupefacenti cartacei.
Ci sorridiamo con gli occhi e scambiamo due parole filtrate mentre entro nella farmacia accanto.
Cerco di fare in fretta. È piena di gente e le precauzioni sono al minimo. Siamo in pochi protetti comme il faut, anche dietro al banco non c’è una linea di condotta uniforme.
È un pianeta senza vie di mezzo.
In tempo di confinamento c’è chi gira in gruppo senza protezioni e chi resta a casa a farsi la mascherina con il tutorial.
Sulla pagina Facebook della città un’influencer sorridente illustra il contenuto del kit appena consegnato – due quadrati 20×20 di tessuto in cotone 100% omologato, un elastico di 40 cm., circa 4 metri di filo da cucito, due fogli di istruzioni – e ti spiega come fare un nodo. Con la massima serietà.
Intanto davanti alla chiesa c’è un carro funebre circondato dalla ventina di persone autorizzate al rito.
Un funerale in maschera. Un macabro scherzo.
Vedo i banchi del mercato in fondo alla via, l’hanno ripristinato con nastri distanziatori e polizia municipale.
A un tratto due necrofori sollevano la mascherina sulla fronte e si dirigono verso il panificio, lo superano e si fermano al semaforo.
Mi sposto per osservare meglio.
Uno di loro si appoggia al palo verde, l’altro si accende una sigaretta.
D’accordo!, grida qualcuno fuori campo, cinque minuti di pausa per tutti. Poi rifacciamo la scena della libraia.
Dall’inizio.
Senza categoria ilcar(r)oestinto passeggiarenelvirtuale soleacatinelle
Un funerale in maschera l’ho visto anch’io.
Alienante, ma almeno qualcuno c’era nel momento topico, ecco.
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Infatti. È una soluzione che magari non rispetta in pieno le regole di confinamento stretto, ma che trovo molto umana e necessaria.
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Del resto, nel momento in cui si ha la mascherina si è protetti, quindi a patto di non saltarsi addosso in effusioni spinte non vedo il problema.
(Fatto salvo che la chirurgiche NON proteggono affatto, ma spiegarlo ed ottenerne di adeguate pare troppo difficile per qualsivolgia governo europeo, e dunque ce la raccontano così).
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