Cinquantotto. Passami il sole
Procedura standard per pranzo in giardino.
Fase zero. Verifica del clima esterno e interno.
Oggi siamo fortunati: sveglia sorridente e galline in occhiali da sole. Si può andare.
Fase uno. Chessimangia.
Pasta e insalata, avocado e frutta sparsa? Menù approvato.
Fase due. Organizziamoci.
Ecco. Qui c’è bisogno di eroi.
Che sembra facile liberare un pasto all’aperto, ma è come uscire dal lockdown. Per dire.
Da quando la terrazza è a pezzi, lasciata per lavori che si faranno, l’unico passaggio è dal garage. E nessuno ha voglia di tornare indietro e fare i cento passi un’altra volta.
Noi si apparecchia sempre, quindi servono la tovaglia e i suoi piccoli tessuti con anelli di riconoscimento boccale, piatti, bicchieri, posate e ciotola del minicane.
Beviamo tutti solo acqua per evitare il sovraccarico, ma il cibo è domenicale. Inciotoliamo il più possibile, incastriamo il pane nel vassoio grande sotto al patè d’olive. Il figlio mette in tasca tre kiwi e una mela. Matureranno nel tragitto. La figlia decoratrice di esterni prende un vaso per mettere i fiori. Il marito si carica la pasta in spalla e comincia la discesa. Io metto il blocco alla porta senza maniglia (…) e recupero quel che resta del dolce.
Mentre il silenzio cala sulla famiglia masticante, penso che se mangiassimo panini la fase due sarebbe più semplice e senza macchie di sugo sulla tovaglia.
Ma il sistema complesso è un fatto sociale.
Gli schemi, le strategie di carico e i ruoli ci ricordano che è un gioco di squadra.
C’è pure la panchina dove sediamo ad aspettare che arrivi il nostro turno. Inutile smadonnare in direzione dell’allenatore che non ci fa uscire prima.
A Casa la data è il 4 maggio, senza le scuole, rinviate a settembre.
Qui al nord si apre una settimana dopo e prima di tutto le scuole, in un tetris che merita un altro capitolo.
Domani.
