Sessantatré. Il rompicapo
C’è un piacere forte nel silenzio.
È la dimensione bianca del mondo, uno stato di grazia che trovo in montagna.
Mentre salgo al mio passo mi ascolto il respiro e taccio.
Qui è cosa rara. E non solo perché è tutto piatto come un budino e per avere un rilievo devi usare il cartone.
Da noi si vive con i decibel tarati alti.
In famiglia è necessario urlare per esprimere un concetto semplice o chiedere come va ai nonni al telefono.
Arrivati al nord ci siamo dovuti adattare al sussurro sociale abbassando un po’ il volume. Il confinamento ha però risvegliato il licantropo che è in noi e gli ululati sono tornati.
Il podio dello spaccatimpani ce lo giochiamo io e la figlia, ma anche il figlio non scherza. Ne ha dato prova alcuni mesi fa, quando faceva prove di resistenza sonora. Oggi di preferenza spacca con il ping pong.
Siamo tutti urlatori. Tranne il marito.
Lui ascolta. Leggi libri gialli e fa puzzle.
Un serial killer.
Credo aspetti il momento giusto per dar fine al nostro caos. Intanto ci studia tranquillo, un pezzo dopo l’altro.
Oggi ci alziamo tardi, sistemiamo due compiti sparsi e decidiamo di prenderci un pomeriggio di isolamento.
Il figlio rivede per la venticinquesima volta un documentario sul rugby. Dopo Cappuccetto Rosso solo gli All Blacks.
La figlia accarezza il minicane e ride con Matilda, altro film altro supporto.
Io ho musica in cuffia e un libro in mano.
Approfittando della nostra distrazione, il marito prende il cartone con i mille pezzi e si siede al tavolo in cucina.
La Creazione è nella fase più complicata, è rimasta tutta la parte bianca, dopo aver composto il dito di Dio e dell’Uomo. Sono un paio di giorni che Michelangelo procede a rilento. Passa i momenti liberi così, cercando il solo posto giusto a ogni elemento minimo simile a tanti altri.
Io giro tutti i coperchi dei barattoli nello stesso senso, allineo e pulisco ripetutamente ansia e lavelli.
Lui compone in silenzio.
Intorno il circo dei programmi, l’equilibrismo degli spazi comuni, coinquilini che perdono peli e ciabatte.
Lui sistema un pezzo alla volta. Con calma.
La calma.
Io la perdo, poi la ritrovo nei posti più strani. La incastro di sera nel cioccolato.
Lui la mantiene di giorno mentre tratta con fornitori e imbianchini. Se la fuma ogni tanto, in nicotina leggera. La rinforza di sera nel rompicapo.
La sua strategia vince alla lunga, nel corto raggio a volte serve una scossa.
La Haka, mamma! Guarda!
Il figlio mi si piazza davanti con le calze rosse da montagna. La figlia molla Idefix e gli si affianca. Io mi alzo ubbidiente e chiamo il marito.
La danza maori è un’altra cosa, ma il puzzle di risate è perfetto.
Un altro pezzo bianco al posto giusto.
