Sessantotto. Panselinos

È ormai da un po’ che dormo a rate.
Una volta a letto i figli, io e il marito ci impossessiamo di divano e schermo grande e scegliamo su quale film addormentarci.
Ultimamente va di moda una serie con protagonista un detective che ha il nome di una scimmia ed va pazzo per l’ordine. Un matto vero.
Al marito piace per il ritmo che concilia il sonno, io perché, quando gira il manico dell’ombrello in esatta simmetria con gli altri, mi ci indentifico proprio. Faccio lo stesso con i barattoli in cucina. E mi consola non esser la sola.
Poi anch’io parto per il Morfeo tour.
Di solito non prendiamo lo stesso bus, così all’arrivo ci raccontiamo quello che ci siamo persi dormendo e siamo contenti.
La felicità matrimoniale è fatta di piccole cose.
A volte pure sbagliate, perché spesso non sono le stesse puntate. Nascono però nuove sceneggiature e insperati colpi di scena.
Se il nostro viaggio dura troppo, serie tv e televisore si mettono d’accordo e stop.
La brusca frenata mi riporta al divano e scuoto il marito. Andiamo a letto?
Una domanda inutile in mezzo al silenzio del dopo sparatoria. E dove vuoi andare se no?
Ma è la parola d’ordine per passare alla fase due della notte. L’ora è incerta. Lo spegnimento automatico va a sentimento. Se è andato tardi faccio un caffè per permettere al marito di raggiungere il piano di sopra. Dove riprende direttamente dalla fase rem.
Io invece no.
Mai sofferto d’insonnia, ma all’inizio del carcere avevo più angosce che il buio amplificava. Una nuova abitudine ha guarito quest’ansia, adesso però dovrei spostarla di fuso, perché tendo a cedere all’ora.
Trovato.
Mi lavo la faccia con l’acqua fredda e guardo fuori la notte, menefreghista e sincera.
C’è luna piena stasera.
In greco è una parola bellissima: panselinos. Tutta luna.
Tutto è luna.
Mi ritrovo in mezzo a una folla da concerto, il marito, il fratello, la cognata. Saliamo sull’Acropoli a mezzanotte in una processione d’altri tempi. Tutta la città intorno è stata spenta apposta. I siti archeologici sono aperti al pubblico. Potevamo andare a Capo Sunio, ma era più lontano.
Un fiume di gente ci porta su, come negli antichi fasti, a piedi nudi e tuniche leggere.
Pochi sorveglianti, niente sicurezza. Erano altri tempi anche allora, o forse è l’anima greca, che appare disorganizzata e senza disciplina. E invece.
In pandemia, nelle foto di piazza Syntagma, il Primo Maggio ci sono mascherine e distanza. Bandiere e coerenza.
Poi bruciano mezza città, se occorre, ho visto anni fa la sede centrale delle Poste saltata per aria. Che quando c’è da marciare cattivi lo fanno sul serio.
Ma ce l’hanno nel sangue, la camminata rituale. Dopo averlo provato ci credo.
Quella notte d’agosto c’era silenzio, migliaia di persone arrivate mute sotto al Partenone. E di fianco appoggiata la luna lampione.
Anche stanotte panselinos è grande e rotondo, una sfera perfetta che si lascia ammirare.
Resto ancora un po’ qui con lei.
A pensare.

ricetta greca

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