Novanta. L’alba imperfetta

Ho finito di scrivere. Sono quasi le sei.
La casa è ancora immersa nel sonno.
Devo fare una foto a un oggetto e scendo. Le scale scricchiolano, ma per fortuna non si sveglia nessuno.
Alzo la tapparella. C’è già luce. Scatto all’interno. Poi vedo il sole che arriva. Apro la finestra, scatto all’esterno.
Che freddo che fa. Tredici gradi fuori. Ventitré in casa. Ho un termometro sintonizzato sui due livelli. Giusto per organizzarsi in caso di evacuazione improvvisa e non si sa cosa mettere.
I piccioni sono in posa sul filo. Passano due macchine e una bici. Potrei uscire a correre, magari anche solo a passeggiare, via, ma risalire comporta altri cigolamenti e non voglio perdermi l’esclusiva di questo inizio di giornata in solitaria.
Zitti. Scende qualcuno. Magari se mi nascondo in bagno non mi vede e torna a letto. Resto immobile.
Uff.
È solo il minicane. Mi supera leggero e si lancia in osservazione distesa sul divano.
Guarda me seduta sul tavolo davanti alla finestra spalancata.
Il momento dell’alba è passato. La sospensione è finita. Ma approfitto della solitudine per farmi un caffè. E quando mi ricapita? Ho dormito una manciata di ore. Di solito ripiombo nel sonno fino alle otto, otto e mezza (lussi di pandemia), ma oggi va così.
Sento il borbottio della caffettiera e cambio idea.
Libera di essere volubile, oggi mi bevo un cappuccino. Con tanta schiuma. Ho una macchinetta ricevuta in regalo che monta il latte da bar. Guarnisco con miele e tanta cannella sulla cima del monte bianco. Un’abitudine presa in Grecia, la mia madeleine. Proust mi perdonerà.
La scena da film che mi sto costruendo prevede tazza fumante, poltrona, maglione morbido e libro. Ma uno è da lavare, l’altro l’ho lasciato sul comodino. E non ho un’assistente alla regia che li può rimpiazzare senza svegliare la famiglia. Pazienza. Niente è perfetto. Resto in piedi appoggiata al legno della cucina a bere il mio cappuccino clandestino.
Prendo i biscotti al burro salato. Con due puoi tirar sera o costruire un muretto di cinta.
Non posso leggere, allora recupero l’iPad e scrivo. Che sono scesa a fare una fotografia e ho incontrato l’alba per caso. Mi sono fatta un cappuccino e non potendo leggere, perché il libro è di sopra, scrivo. Di oggi che faccio foto e cappuccini e scrivo.
Le piccole felicità in loop non vanno rimandate a dopo. Conviene iniziare subito il ciclo, che poi magari diventa tardi.
Un figlio si può svegliare e addio Alba Chiara.
Inizia Guerra e Pace. Un classico.

scatto

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