Novantatré. Presenze
La casa sta tentando di dirci qualcosa. La sento.
Non sono i soliti messaggi di stanchezza o di rottura, tipo una maniglia stanca di stare attaccata, la tenda in bagno che crolla di botto o la caldaia in panne. Perché ci ha provato ancora, la fonte di calore ribelle, installata da poco. Ha tentato un nuovo ammutinamento, l’abbiamo rimessa in moto, ma non c’è da fidarsi. Verrano presto a controllarla, forse ha bisogno di una bella strigliata.
E no, non si tratta di questi piccoli grandi intoppi alla regolarità quotidiana. Credo sia ben altro.
Da un paio di giorni il pavimento della camera sussurra.
Non sempre e soprattutto in orari improbabili. Come poco fa.
Sto scrivendo. A farmi da colonna sonora il respiro della notte e del marito, non sempre sulla stessa frequenza. Bevo un sorso d’acqua.
E la sento.
Crr crr. Crr crr. Crr crr.
Trattengo il respiro.
Sembra un codice morse. Uguale sulla carta, perché è difficile tradurre un suono sconosciuto in lettere.
Crr crr. Crr crr. Crr crr.
È proprio accanto al letto. Lato sinistro in fondo.
Crr crr. Crr crr.
Sembra qualcuno che sgranocchia. Mi alzo e mi avvicino.
Si è fermato. Riprende.
Crr crr. Crr crr.
Sembrano dei passi cauti su un ponte sospeso. O le prove di accensione di un minuscolo motorino a miscela.
Ascolto il pavimento che cigola, so che c’è dell’altro. È un messaggio.
Sveglio il marito. È abbastanza reattivo. Apre un occhio, l’altro segue la schiena che si srotola al rallentatore. Si mette seduto e si concentra. No, non sono in preda ai fumi del sonno. Lo sente anche lui. Potrebbero essere tarme, dichiara laconico.
Ecco, sì, hai ragione, sembra davvero qualcuno che mastica.
L’unica è smontare il soffitto di sotto e dare un’occhiata.
Dici? (appena sveglio il marito ha proposte estreme) Dici? Adesso?
Adesso l’instancabile bricoleur si è già rimesso sdraiato. Russa anche un po’.
E mi lascia sola a tradurre il messaggio. Suo e del pavimento.
L’importanza di conoscere le lingue è una delle mie più grandi convinzioni, ma il linguaggio delle case dove si impara? Ci sono per caso corsi online? Parlano tutte lo stesso idioma o dipende dalle zone e dall’anno di costruzione?
Dovrei chiedere alla figlia, esperta di banzaiese. Magari sa anche il casese.
Scendo dal letto, mi accoccolo di fianco al rumore. Busso.
Silenzio. Poi. Crr crr. Crr crr.
Faccio due passi. Busso di nuovo.
Crr crr. Crr crr. Crr crr.
Ormai non dormo più. Sono diventata un grande orecchio à l’écoute di un cigolio sottocutaneo.
Crr crr. Crr crr. Crr crr.
Appoggio la mano. Accarezzo il legno.
Tace.
Il minicane mi si siede accanto.
Tutto tace.
Come se si fosse addormentata sotto una carezza, la casa non parla più.
Il silenzio è grande, lo sento. Lo tocco.
Resto in questa sospensione per non so quanto tempo. Forse sono solo pochi secondi. Sono comunque abbastanza. È chiaro, è evidente. Si fa così.
Dopo aver messo a letto i figli, d’ora in poi mi siederò accanto al letto e comincerò a coccolare questa casa vecchierella che ci ospita.
Tarme o non tarme una carezza in più non nuoce di certo.
E se non funziona dormiremo all’aperto.

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