100 e sette. Stile libero

Uno, due, tre, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci, undici, novantaquattro e 100 e sette.
Non so perché invece del quattro è andata a novanta più in là, ma lei è libera.
Su questo non si discute.
E da qualche giorno, senza discutere, mi manda i commenti ai miei scritti.
Impietosi, dissacranti, politicamente scorretti.
Li adoro.
Ho quindi deciso che questo diario da oggi avrà uno spin-off a fondo pagina, dopo la foto.
È a cadenza non regolare. Quando arriva arriva, io aggiorno il numero, pubblico e diventa uno spazio a responsabilità alternata.
Il fatto è che sono lustri che ci scriviamo. Ma non gli sms rachitici da informazione o pettegolezzo. Con lei è un vero e proprio scambio epistolare. Gli anni greci ci hanno visto molto attive, ho raccolto e stampato buona parte delle missive, avevamo in progetto di farci un libro. Farci, per noi, mica per altri. Forse glielo regalerò per i suoi 20 anni x3 o x4. Intanto ho sul comodino un paio di pagine che leggo quando fuori piove o nei giorni di malinconia appiccicata. Il grigio mi si stacca svelto a colpi di battute.
Perché lei ha quel gusto lì, della battuta.
E anche nel vestire. Che si ammazzerebbe piuttosto che non essere a posto. Ma non inghirlandata tra trucco e finterie, lei è signora dentro. Elegante anche in tuta. Questione di stile.
Ci prova ad insegnarmelo, sono anni che ci prova.
Credo che la nostra amicizia sia nata quando ho smesso con i fiori di pezza sui cappotti. La mia dipendenza dal colore per lei era davvero troppo. Infatti ogni tanto me lo rinfaccia.
Sulle scarpe rosse credo si sia rassegnata. Con gli anni un po’ si è ammorbidita, forse mi sta diventando romantica. Forse.
Siamo diverse che più non si può.
Lei ha un lavoro vero – e di grande responsabilità – da quando ha finito le scuole superiori. Io sto ancora cercando di capire cosa so fare.
Lei lavora con i numeri, precisa, puntuale. Io li vedo a colori e li rispetto, ma capirli, quella è un’altra dimensione.
Lei progetta e vede il risultato finito. Io improvviso all’estremo patologico.
Lei è astemia. Io potrei scrivere un’enciclopedia sui diversi tipi di birra che ho trovato da queste parti. Che sul vino rosso ho già scritto.
Eppure.
Ci chiamiamo mika ancor da prima che arrivasse il cantante a scipparci l’esclusiva. E meno male che è bravo e simpatico, perché qui la risata è all’origine del tutto.
E se un sorriso val più di mille parole, quando questi due mondi si incontrano la vita decolla.
Brillante e leggera. Da mika a mika.

incognito (foto mika ritoccata da mika)

Spin-off
Il più bel pezzo che tu abbia mai scritto, capolavoro letterario, best seller, io ti candiderei al Pulitzer. Devo solo correggere un errore, la nostra amicizia è cominciata ben prima dei tuoi orrendi fiori di pezza. Una spilla gigantesca di fiori di pannolenci! Mi vengono i conati solo a ripensarci. Credo di averli visti la prima volta su un cappotto, non riuscivo a parlarti, mi portavano via il sentimento. Questo bouquet di lana arricciata con tutte le nuances del viola (credo, fortunatamente la mente umana rimuove l’intensità del dolore) che essendo pesante tendeva ad afflosciarsi. Tu pensavi di essere la Venere del Botticelli, invece sembravi un vecchio colombare a fine novembre. Poi sono riapparsi su un cappello e lì ho dovuto fermarti, il reiterare prefigurava reato. Re Giorgio aveva già inviato una legione di sarte a farti sopprimere, ma tu niente cambiavi nazione pur di poter sfoggiare quell’affronto al buon gusto. Non credere che non sappia che ogni tanto pensi ancora di riattaccarli a qualcosa?! Mascherina, stai attenta!! Inoltre…va bene che non ho più 20 anni, ma tutta la solfa del rapporto epistolare ai tempi della Grecia mi ha fatto sentire una cariatide prima del restauro! Stai attenta, le parole possono ferire! Ok non è vero, le tue mai!



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