100 e diciotto. La teoria della relatività
C’è una schizofrenia buona nei nove anni.
La figlia passa dall’apatia costituzionale all’euforia in un amen. E infatti bisogna farsi un segno della croce se si è nei paraggi al cambio di rotta.
Ma con la scuola è diverso. Se si tratta di studiare ha un atteggiamento deciso e costante. Vuole far bene.
Ed è in dipendenza totale dal giudizio dell’insegnante.
Troppo presto per lo studio matto e disperatissimo fine a se stesso – che in effetti vanta pochi casi nella storia del genere umano – l’aspirante allieva modello si applica per tornare a casa sventolando un successo, ma soprattutto per meritare un brava! dalla sua maestra.
Appunto.
Rientrata negli effettivi dopo mesi di scuola a distanza, la figlia ha ormai quattro giorni al suo attivo. E il bilancio fino a ieri era passivo.
Non ho voglia, non ci vado, sono stanca, è il ritornello della colazione anche stamattina. Neanche il burro salato impatta l’umore. E a pranzo la nenia continua che peggio c’è solo il motivo.
Dalle indagini risulta che nel dettato non ha ottenuto il solito punteggio. Si è persa negli accordi del participio e l‘errore ha causato numerosi segni rossi su e giù per il foglio. Come se non bastasse, l’imputata racconta che si accorge di un’altra piccola faute e lo confessa alla docente. La quale le dice merci per il gesto, ma il voto lo abbassa a C più.
Se fossi una bambina col cavolo che mi denuncio la prossima volta. Che la giustizia a nove anni è sorella dell’onestà e premio al coraggio.
Sono mamma però, non magister, quindi il mio giudizio non vale.
Però ti capisco, figlia, e continua a far bene, anche se brucia.
Tento di tamponare la delusione a cucchiai di gelato.
L’effetto è immediato, ma il risultato non cambia.
Così nel pomeriggio tornare dentro è difficile. Stoica inghiotte il boccone della frequenza obbligatoria e si attiene al protocollo. Meno male che non piove.
Alle quattro e mezza arrivo all’uscita che è già fuori. E fuori di testa.
Ha il sorriso che le fa tutto il giro della faccia.
Avrà ucciso la maestra, penso vendicativa. Invece salta su e spara parole a mitraglietta.
Mamma, è la più bella giornata della mia vita! Ho cantato e sapevo anche quella difficile. La maestra mi ha fatto segno con il pollice in su. E poi abbiamo letto la pièce de théâtre e dice che si vede che a casa ho lavorato. Hai sentito, mamma? A te com’è andata?
E sale di corsa le scale senza aspettare risposta, che deve fare due disegni, finire di scrivere il pezzo sulla fotosintesi e risolvere tutti i problemi del mondo.
Talmente carica che spostati sole. Illumino io.
Se potessi imbottigliare la sua energia felice la terrei come rallegrante naturale per i momenti bui.
In difetto di contenitori adatti, rimango vicino a riceverne i raggi e mi godo il momento.
Nove anni sono un’età schizofrenica questo è sicuro, basta un niente per farli andare.
Forniamogli ali e impareranno a volare.
