100 e trentaquattro. Fuori casa
Partiti.
Da oggi e per qualche giorno la casa resta sola. Quasi.
Noi ce ne andiamo verso ovest.
Ci abbiamo pensato su quei trenta secondi necessari per realizzare che forse si poteva anche fare. Una parentesi scansafatiche nella nostra routine.
Così partiamo. Ho ultimato i preparativi in un tempo ragionevole, i viveri di sopravvivenza sono stipati in due borse che possiamo restare in coda venti ore senza batter ciglio. Anzi offrendo aperitivi ai vicini di sventura. Eventualmente.
Perché oggi si prevede traffico. Il sabato prima della festa nazionale chi può se ne va.
Meglio presto.
Però prima facciamo due chiacchiere con lo Smilzo e babbonatale che sono appena arrivati. Volete un caffè? Anche l’amico capocantiere si presenta con un sorriso. Tranquilli che qui andiamo avanti anche senza di voi. Dobbiamo spaccare l’ingresso, le misure della porta su misura non coincidono. Tre centimetri, ma al vostro ritorno sarà tutto a posto. Nessun problema.
Fiducia assoluta. E che altro, se no?
Sabato strano, niente griglia, niente polvere, solo panini su strada.
Il minicane si è già piazzato al centro del veicolo.
Gli altri si stipano. Io saluto la cucina e guadagno l’uscita.
Abbiamo tutto? Chiavi, telefono, documenti.
Brava, ho dimenticato i miei nella borsa del pc.
Primo rientro. Apre. Clac. Clac. Clac. Sale. Prende. Scende. Clac. Clac. Clac. Chiude.
Mamma, dov’è il mio cuscino?
Indovina.
Secondo rientro. Apro. Clac. Clac. Clac. Salgo. Prendo. Scendo. Clac. Clac. Clac. Chiudo.
Babbonatale solleva un mattone e ci guarda sornione. Le sue origini portoghesi sanno.
Qualche dimenticanza e un paio di rientri dopo la macchina è in moto e noi pure.
Normandia arriviamo.
L’avventura va liscia fino al pipì stop, che diventa un singhiozzo. Rallenta, proviamo qui, no, troppo caos.
Il prossimo. Ma guarda che fila. Via via.
Gli autogrill hanno tutti il parcheggio intasato, pure sui prati a bordo strada si sono fermati.
Noi no, ci proviamo almeno con la cautela, che la pandemia non è mica in vacanza.
Al quarto tentativo, dopo aver abbordato persino un’area di sosta dismessa, riusciamo a fermarci.
Il minicane apre la portiera da solo e si fionda nella prima aiuola libera.
Noi optiamo per dei bagni più tradizionali, ma siamo costretti a desistere: la coda di gente mascherata per entrare supera di sicuro la mezz’ora.
Forza, famiglia, ripartiamo. L’Eldorado dovrà pur essere da qualche parte.
Mamma, guarda. Un uccellino.
La figlia si accoccola sotto un albero, ma l’unica urgenza che ha adesso è salvare un batuffolo di piume tremanti caduto dal nido lassù.
E come ci arriviamo?
Intorno non vedo scale, solo orde di affamati consumatori di picnic, due ragazzi che giocano a pallone fra le ruote dei camion e toh, un marito che si allontana discreto a respirare una pausa al tabacco.
Mamma, dai, facciamo qualcosa.
E cosa? Non posso toccarlo, la madre non lo vorrebbe più con il mio odore.
I guanti? Già, ne abbiamo di scorta, ormai. Ma come faccio a salire fin là?
D’accordo, potrei arrampicarmi, dopo però dovrebbero disinfettare tutto l’albero. Ci pensi a quanto gel sprecato?
Sì, va bene. È una scusa per non mostrare la mia inettitudine. Ma davvero, come si fa?
Si risale in auto, truppa, pur con la morte nel cuore.
Vedrai che arrivano a prenderlo. Stanno solo aspettando il momento giusto. I supereroi agiscono in incognito o magari sono solo in ritardo.
Forse Superbird sta ritirando il costume in lavanderia o si è dimenticato di spegnere il gas mentre partiva in missione ed è dovuto rientrare.
A proposito. A casa? Il gas?
Momento di vuoto. Fermi tutti.
Il gas?
Ma non abbiamo le piastre elettriche?
