II. Piscine
Sta diluviando e dalla portafinestra bombardata di schizzi osservo l’acqua che sale inesorabile. Il tetto della stanza nuova dovrebbe essere una terrazza. Invece ha deciso di farsi piscina.
Gentile pensiero questo celeste: ci concede il brivido di una bella vasca a sfioro che si getta in giardino con slancio quasi divino. Perché solo una divinità con grandi manie di dispetto può tirar giù così tanta pioggia in pochi minuti.
Aspetto che smetta, poi dovrò uscire a spazzar via il sogno olimpionico se non vogliamo avere il soffitto a macchie di leopardo.
Il rimedio di piastrelle lo abbiamo recuperato stamattina, il piastrellista pure. È il nuovo acquisto della squadra di casa: dinamico, molto molto abbronzato e fornito di ottimi argomenti professionali. C’est logique è il suo motto, Selogic il suo nome in codice.
Inizia domani.
Oggi tocca ancora a me.
Mentre spiove e spalo pozzanghere giù dalla scala, penso alle case che abbiamo rivisto nei giorni italiani. Che ritrovare gli amici vuol dire passare a vedere come stanno anche le mura e i giardini. Invidio un po’ chi non ha fatto il nomade long-term come noi e si è coccolato negli anni un nido che gli somiglia.
Noi sempre alle prese con cemento e mobili da spostare, loro attenti ai dettagli e alle piante che crescono con i figli.
C’è anche chi ha cambiato, rinnovato, trasformato e stravolto vita e domicilio, ma la maggior parte ha una stabilità di cotone grezzo. La mia preferita.
E poi ci sono le piscine.
Litri e litri d’acqua e cloro, pompe e riscaldatori, scalette e plastiche galleggianti a disposizione di noi umani sudati. Così l’estate canicolare è beffata in cinque metri quadri azzurro puffo.
Le piscine pubbliche sono poco accessibili causa restrizioni da virus. Occorre autocertificazione, certificato medico, certezza di salute e fiducia nel sistema. Chiamo, mi informo, ritiro la candidatura. E ripiego sul prossimo che amo più di me stessa. Soprattutto se dotato di vasca a ragionevole capienza.
Così si fa un giro di boa e si scovano fantastiche piscine familiari.
I figli sentitamente ringraziano: la zia pilota che riscalda l’acqua troppo in ombra e fornisce anche droni navali per estemporanee esercitazioni; la tribù dei Manti che mette a disposizione un bacino d’allenamento a suddette navi prima dello sforno di pizze da competizione; gli White Family che rischiano l’esondazione per l’eccesso di energia degli occupanti; le Isagirls che hanno aperto tardi la stagione anche per noi.
A loro e a tutti quelli che resistono in plastiche refrigeranti dedico l’ultima spazzata della nostra piscina mai nata.
L’anno prossimo tutti al mare!

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