XLIII. Panni e panini
Due figli due episodi.
Per la serie: in un pasto tutto può succedere.
E le reazioni sono diverse. Dipende dalla mamma. O dal menù.
Oggi diluvia. E che novità.
Esco di casa per il primo passaggio scolastico e l’ombrello non basta a limitare i danni. Il figlio, in crescita continua e costante, recupera una giacca del papà. Waterproof e su misura.
Faccio manovra ed intravedo un’ombra venire verso di noi. Partono i tergicristalli, metto a fuoco. È la vicina delle galline coperta da una cerata multicolore e in sella alla sua bici. Accanto il figlio, pure lui ciclo munito e con un giubbetto rosso che ha già cambiato colore. Ci salutano sotto l’acqua che scroscia e noto che il loro garage è rimasto aperto. Forse se ne sono dimenticati. Invece, mentre passo dalla retro alla prima, vedo uscire anche loro. Il marito della vicina più minifiglia di dieci mesi compiuti affrontano sulle due ruote la cascata celeste. Altro impermeabile senza fine per lui, sacchetto di plastica semitrasparente che copre lei e il seggiolino. Non si bagnerà, ne sono sicura, e respira da sotto, non c’è pericolo. Ma chissà cosa vede da dentro quel riparo. Come arriverà al nido questo pulcino sballottato. Magari si addormenta cullata dal pavé della piazza, magari si diverte a chiacchierare con le gocce che le scivolano addosso.
Magari.
Tento di pensare alla francese ma.
La figlia resta a mensa perché alle undici e mezza non potrò essere di ritorno. E proprio oggi, causa corona, ci saranno panini. Una dame de cantine è positiva e le altre in attesa dei risultati. Niente di grave, faranno un picnic in classe. Però poi ha piscina. Chissà che giornata.
Lo so, sono esagerata.
Vado a far lezione di italiano, ho un’allieva nuova. Simpatica, pensionata, appassionata di Calvino e Buzzati. Il suo sogno è leggerli in originale.
Lo so, sono fortunata.
Le due ore e mezzo volano, recupero mes affaires e sto per salutare.
‘Mais vous êtes à pied, madame?’
Gira con i mezzi, la signora. Ne cambia tre per arrivare a destinazione. Le propongo un passaggio, lei esita, ma lo scrosciare del cielo la rende audace.
‘Jusqu’à l’arrêt du bus, s’il vous plaît’
Finisce che l’accompagno a casa. Abita nella mia stessa direzione, non mi costa niente una deviazione. La saluto e siamo già d’accordo che passerò a prenderla la prossima volta. Le buone pratiche sono facili.
Guardo l’ora. Il figlio è già uscito da un pezzo. Non ha l’ombrello, ma la giacca di papà fa lo stesso. Trovo traffico, tanto, troppo.
Non posso avvisarlo. E non ha le chiavi perché un ritardo esagerato non era previsto. Ma c’è Osho in garage, si farà aprire.
L’ottimismo ha l’aspetto fradicio di un quasi tredicenne inzuppato da venti minuti di intemperie fuori casa.
‘Ho bussato, ma non mi ha sentito’
Discreto di un figlio, picchiare più forte no?
Non articolo frasi però, agisco rimedi.
‘Cambiati tutto. Ti preparo la pasta’
Una bella lavata e che sarà mai? Sto cercando di sviluppare un côté français accanto al mio senso di colpa da mamma italiana. Pare semplice…
Lui è tranquillo. Non fa cenno a incidenti, feriti, tragedie così, che spesso l’ansia gli suggerisce per ammazzare le attese.
Che dici, figlio? Potrei farlo più spesso, prevedere imprevisti.
Forse ci farebbe bene.
È uscito il sole quando recupero la figlia. Mi corre incontro con la testa umida di cloro.
‘Mamma, ciao! Sai che les sandwichs della cantine erano davvero pas mal?’
È sempre stata lei la più francese della famiglia.
