LVII. Ti prometto

Stiamo facendo proseliti.
La passeggiata di oggi conta un elemento in più.
I centauri scalpitano, il minicane non sta più nei quattro peli, io arrivo dalla spesa trafelata.
Lei è puntualissima.
Aspetto di vederla da non so più quanto. I baci e gli abbracci li dobbiamo ancora rimandare e la doppia maschera impedisce un completo riconoscimento facciale, ma è arrivata, è qui. E andiamo.
Scelgo il canale per la vista migliore, la pace dell’acqua e perché – spero – i figli possano scorrazzare liberi e lontani. Illusa.
L’ora pomeridiana affolla la pista. In tempi normali sono quegli incroci che fanno un po’ d’animazione, ma non sono tempi normali.
Parlo parlo parlo, esagero, lo so, lei però è una fata dei boschi, ascolta e protegge gentile. E io ne approfitto.
Il caos regna sovrano. Il guinzaglio è in costante tensione: il tiratore scelto punta qualsiasi cosa si muova e ci abbaia sopra, davanti, dietro. Lo prendo in braccio in un momento di troppa aggressività, ma è talmente agitato che per poco non si ribalta nel cespuglio di fianco.
Salutiamo una famiglia amica. Quanto è passato? Un anno dall’ultima volta ed era più o meno qui, forse un po’ più in giù. Sono anche loro italiani e chiacchieriamo il minimo sindacale per non essere maleducati. Dopo venti minuti buoni, tra la gente che passa, le distanze da rispettare e la paura di essere denunciati per assembramento molesto, ci salutiamo rassegnati e arrivederci all’anno prossimo.
Intanto la figlia sperimenta il suo livello di indipendenza e si allontana in solitaria. Salvo aspettarci duecento metri dopo per illustrare un cartello all’amica, a cui tocca la lettura guidata. Il figlio invece pedala a passo canino, non ci molla di una catena. Per starci accanto è fisso a sinistra e si becca le rimostranze in semitono dei ciclisti impegnati nella Parigi-Roubaix.
Mi accorgo appena della meraviglia dei colori, delle poules d’eau che fanno il bagno tuffandosi da un ramo, del salice che piange dalla riva. C’è troppo rumore, dico troppe parole, schivo troppe persone.
Mi spiace, fata folletto. La prossima volta andrà meglio, te lo prometto. Sarà più tranquillo, meno affollato. Non ti garantisco il silenzio, perché con te non ne sono capace. Perché hai sempre un libro nuovo di cui parlare, un soggetto interessante, uno spunto che mette le ali.
E ascolti così bene.
Nonostante il centauro a ridosso, la guida turistica in sella, il mini sterminatore di timpani, la mia logorrea retroattiva.
Ti prometto almeno un tentativo di ordine a basso volume.
Di sicuro ci berremo la cioccolata che oggi abbiamo dovuto declinare.
E con tanta panna. Per farmi perdonare.

nume tutelare

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