LXXXII. Metti una mattina la kasko

Un cambiamento epocale si sta verificando chez nous. Dopo quattro anni e mezzo di vita francese, pur restando italiani fino al midollo e oltre, qualcosa in noi ha enfin preso cittadinanza.
Io ci ho provato a resistere. Giuro.
Ho fatto scadere due volte i documenti, ho rimandato per mesi causa altre priorità, ho finto amnesie, l’unica scusa che non ho mai usato è stata il corona.
E infatti.
Si cambia in pieno confinement.
La chiamata l’altra sera del tizio incaricato ci coglie di sorpresa. Eppure ci aveva detto fine settembre, direi che con i tempi ci siamo. Il suo nome di battesimo mi fa pensare più a un insegnante di tango che a un esperto burocrate, ma tant’è. L’unica concessione al nostro sud è il mese e mezzo di ritardo.
Par contre siamo straniti per la velocità di esecuzione. Una volta partito è impossibile arrestare il processo. Avviene tutto in meno di una settimana: il certificato provvisorio, il preventivo dell’assicurazione, l’appuntamento dal meccanico. In due giorni arriva pure la famosa carte grise che ci catapulta nel regno delle targhe francesi.
Stamattina dunque la svolta.
Ore nove appuntamento all’agenzia all’angolo della via e poi dal meccanico a duecento metri per il relooking delle due quattroruote. Prediligo servizi a chilometro zero così in caso di necessità me la faccio a piedi.
E infatti.
Esco al volo perché in ritardo. Senza autocertificazione. E senza libretto degli assegni. Che qui si può pagare ancora così.
La signora che si è occupata della pratica il venerdì mattina non lavora, ma ha passato tutto al beau gosse dell’agenzia. Stagista, è qui da due mesi, gli tremano le mani, è mancino come me.
Ci mancava pure il battesimo del praticante.
Ma è talmente zelante che faccio volentieri l’andirivieni casa agenzia per recuperare i documenti mancanti.
No, tranquillo, la patente del marito non è scaduta, solo che l’etichetta del rinnovo italiano è talmente piccola e sbiadita che ci vuole una lente d’ingrandimento. Lui che è giovane la vede a occhio nudo e fa una fotocopia ingrandita.
Serve il chilometraggio, la certificazione dall’Italia che l’auto è sempre stata assicurata, la fedina penale pulita, il certificato di matrimonio, l’abbonamento a Netflix.
Celo celo manca manca.
Sono le undici e venti, caro principe assurro, la figlia esce da scuola tra dieci minuti.
Fammi pagare, per favore, e tanti saluti.
Suda, stampa, sorride.
Fremo, firmo, finisco.
La Quboblu mette il turbo, le targhe oggi pomeriggio. Che prima tocca alla Ypsilonrossa del marito.
Finché non la vedo non ci credo.
E infatti.
Sono quasi le otto di sera e il meccanico non ha ancora chiamato.
Lo spirito italico resiste.
Magari domani mattina…

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