LXXXI. Rarità
Buon compleanno a te, uomo gentile.
Sei uno di quelli così preziosi che ce ne sono pochi e quando li trovi te li tieni stretti stretti, anche se solo nei pensieri.
Ti conosco da anni lontani, quando non c’erano che i libri a riempirmi la vita. Ora a volte è talmente ingombra che devo cacciarli dentro a forza, per non dimenticare chi sono davvero.
Ti scrivo tardi, ma forse tardi non lo è mai tra gente che si riconosce. Perché è quello che succede sempre quando ti incrocio per caso lungo la via. Due chiacchiere troppo veloci, il caos ingolfato delle circostanze, la promessa di rivederci con calma, non ancora mantenuta. Il come stai carico di parole oltre la soglia della cortesia.
Ho ricordi belli di discussioni letterarie con la certezza di essere ascoltati. Chissà se gli scrittori americani alla fine ti sono diventati simpatici.
Io ti scrivo un semplice messaggio per farti gli auguri, tu ti proponi custode dei miei affetti. E non solo perché ci vivi di fianco.
Sei merce rara, non in vendita.
Io lo so che hai ragione tu. Vivi dove sei nato, ti sei spostato poco, per quanto ne so.
Quando andavo a scuola non mi serviva l’orologio, perché sentivo il motore della tua macchina passare sotto casa. Regolavo il tempo sulla tua pausa pranzo.
E non so neanche che lavoro fai. Non so che macchina hai. Ma che importa. So che leggi, che pensi, che osservi e respiri. Che ti muovi nel mondo in punta di piedi e fai tutto ciò che serve, tutto ciò che è buono.
Ti sono sempre piaciute le stelle, ho cercato di impararle anch’io, ma non sono portata. Non le riconosco senza una guida e il planetario che mi avevi regalato non lo trovo più.
Oggi con la mia allieva, appassionata di astrofisica, parliamo della notte stellata di Van Gogh. Mi racconta che i pittori dipingono la notte aggrappandosi alla luce. E di uno scienziato canadese naturalizzato francese che si chiede perché la notte sia nera. Se ci sono ovunque altri soli più grandi del sole.
La notte è una nascita, è silenzio, è disponibilità.
E per te? La notte cos’è?
Ne parliamo a Natale, vuoi?
Che conto davvero di tornare e di suonarti il campanello. Senza preavviso, senza appuntamento. Così come viene. Semplicemente.
