LXXXIV. Pizza e pizzini

Mi siedo sulla poltrona di fronte alla stufa che brucia gli ultimi bagliori di brace.
Ho le gambe arrotolate sotto coperta, il minicane acciambellato sulla pancia, lo strumento di scrittura in mano e li trovo. Sono incastrati tra il bracciolo e il cuscino, il loro branco bianco spicca sul fondo rosso.
Due sono pieni di calcoli astrusi, forse un allenamento di equivalenze, uno ha un grande cuore graffiato a penna e gli altri sono messaggi per me.
Me li passa quando sa che di parlare non è il momento, quando c’è bufera e l’aria che tira porta cattivi pensieri. Mi scrive se può prendere una mela o che mi vuol bene. In ordine sparso, così, senza premeditare azioni o reazioni.
Lo fa da quando era piccola, glissa messaggi tra l’ordine e la confusione, chiede il permesso e poi fa quello che vuole.
Scrive nel suo italiano a orecchio. Ha imparato in francese, legge in entrambe le lingue senza accorgersi della differenza, le doppie però le mancano, qualche regola di grammatica italiana bisognerà farla entrare. Ma intanto è impagabile il gusto che ho di decifrare i suoi biglietti d’amore persi nella quotidiana fatica di arrivare a sera.
La figlia ha questo modo di coccolare, di esistere e raccontare. Con cuori, personaggi bizzarri e domande essenziali che solo noi possiamo capire.
‘Posso prendere qualche dei tuoi ochi che sincolano?’ Ne ha trovato un barattolo e vuol fare atelier di costruzione.
Prendine quanti ne vuoi de mes yeux en plastique. Tutto per te, per far diventare speciale questa domenica grigia, costretta in casa da pioggia e corona.
Le appendici di gioco durano poco.
Ti metti a vergare con attenzione e cura meticolosa un manoscritto miniato che solo tu può capire. Nessuno può guardare. Nessuno può entrare nel tuo codice da vinci alla lotteria. I premi in palio sono fantasia e allegria. Tira un numero anche per me, folletto biondo e spensierato, che mi porti fortuna in mezzo al campo minato.
Finiamo i compiti con il figlio, si tenta una merenda risolvi umore, ma occorre la pizza di papà per cambiare colore.
Al tonno e cipolle, ai würstel e prosciutto cotto, mozzarella come se piovesse e il minicane che salta da un piatto all’altro in un’elemosina senza pudore.
Il bianco dei pizzini risplende sul cuscino, il pomodoro fa pendant con il divano e si scambiano sfumature di tramonto mentre noi ci scambiamo sorrisi a bocca piena.
Fuori la pioggia continua a cadere sottile in una nebbia dolce che invita alla pazienza.

letture domestiche

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