CXX. Fine settimana
Avrei dovuto capirlo dal début.
Svegliarsi alle otto del sabato mattina con un martello pneumatico che gorgheggia dai vicini è un presagio senza necessità di traduzione. Stanno rifacendo l’impianto elettrico, suppongo. In garage si intravedono tre bevitori di caffè e cavi sparsi ovunque. Gliene chiederei un sorso, ma ho bisogno di una tazza vera per rispondere agli stimoli familiari.
Il figlio, in linea con il rumore, decide di rinnovare la déco e demolisce un pezzo di muro chiudendo con enfasi una porta. Colpa della colla: gliel’ho detto al marito che il primo prezzo non regge le alte sollecitazioni. Un paio di mattoni di gesso saltano in uno sbam. Poco male. Si toglie un pezzo dalla scorta, un colpo di flessibile e voilà. Muro riparato.
Che dite? Si ripara così anche il resto? Serve solo una riserva continua di pazienza, e sì, va sempre meglio, nonostante le apparenze.
Frozen non si scompone più di tanto durante la tempesta di gesso e riesce ad uscire un’oretta. Io e Wonderaunt la pascoliamo insieme al minicane e la terapia stradale sembra funzionare.
C’è poi la messa dei bambini questo week-end. Mascherina, marionette e via. Si racconta la guarigione di una suocera. La mia viene con noi alla celebrazione del pomeriggio ante coprifuoco e segue il rito senza scomporsi in una lingua non sua. Niente può turbarla quando si occupa della famiglia. Ma come fa?
Prendo appunti. Devo studiare. Devo studiarla. Imparare. Che io continuo a fare una gran fatica.
Lei è serafica, imperturbabile, candida come la neve che cade nottetempo. Cambia l’aria, cambia il ritmo.
L’eccitazione di trovare una manciata di fiocchi al di là delle tapparelle stamattina è un altro andare. Non c’è in giro un’anima nella nostra passeggiata a truppe sciolte. Il fiato sbuffa nuvole capricciose, ma è un freddo buono che scongela i pensieri.
Finirà tutto ‘sto gelo prima o poi.
