CXXIII. Come un uovo nell’aceto

Bonjour, grand-mère
Con accento impeccabile da maîtresse d’hotel, la figlia tiene banco al tavolo della colazione nella nostra cucina a fisarmonica e accoglie i nonni con un largo sorriso.
Libera dal fratello, che il mercoledì ha mezza giornata di scuola e lei no, si dedica al latte e cacao come una chef consumata. Dosa la quantità di liquido, spolvera un cucchiaio ricolmo e, non contenta, soffia via l’eccesso, distribuendolo su tovagliolo e astanti.
Ride, anzi sghignazza, con quel suono grassoccio che le è proprio fin da neonata. Chiede a Wonderaunt di continuare la storia dei gatti. E mi informa sulla differenza tra schernire e schermire, che ieri sera sul libro c’era un errore.
Ecco. È tornata.
Ieri mattina anche a lezione, nonostante la paura. Frozen ha tentato un suo ultimo incantesimo, ma l’abbiamo annullato nel suo stesso elemento. Ci svegliamo con ghiaccio e neve, l’auto sarebbe da scongelare, le strade di sicuro piene di motori ingolfati.
‘Metti gli stivali, andiamo a piedi’.
Troppo sorpresa per protestare, si veste in un lampo e si ritrova in cammino suo malgrado.
Il sole arriva come una massaia premurosa che lucida i cristalli. I passi sono rapidi, le rimostranze minime e solo per il freddo.
Lascio la scelta di decidere se entrare una volta arrivate. Se non lo fa può tornare con noi, senza problemi. Solo un’altra mezz’ora di passi sulla neve scricchiolante a meno cinque.
Decide per varcare al di là. Che l’inferno è caldo, almeno.
La maestra ci viene incontro, tre compagne si sbracciano in fondo al cortile, un ragazzino occhiazzurrato la prende per mano.
Appuntamento in pausa pranzo e ‘puoi sempre fare solo mezza giornata’, le sussurro complice per lasciarle una via di fuga posticipata.
Sulla via del ritorno io e la meglio gioventù chiacchieriamo leggere. È terapeutico condividere le avventure fra i ghiacci con un adulto solidale.
Sarà lei alla fine a recuperare la nipote fuori dal cancello, munita di documento comprovante la mia e la sua identità. Io scopro di essere di servizio altrove, felice di poter fare due chiacchiere utili con un’amica.
‘L’uovo, zia! Guarda l’uovo!’
Con un biscotto in mano si allunga sul ripiano e recupera il bicchiere dove riposa il loro esperimento scientifico ‘tuffa un uovo nell’aceto e vediamo che succede’.
Carbonato di calcio e acido acetico entrati in contatto sprigionano bollicine, che per i più è anidride carbonica. Per me, che sono sua madre, sono fuochi d’artificio.
Il guscio svanisce, resta una palla gommosa che rimbalza il malumore.
E anche se le due scienziate prendono il microscopio per osservare i residui e decretarne la natura, io ci vedo quegli antipatici cristalli di ghiaccio che se ne vanno a cercare qualcun altro da congelare.
Désolée, les glaçons, Frozen sarà anche Frozen, ma noi la figlia la preferiamo così.
Sciolta.

disgelo




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