CXXIV. Cambio di stagione?

Wonderaunt è partita ormai da una settimana.
Volata nella serie ‘un nuovo nipote per San Valentino’. Atterrata a Casa in tempo. Un’altra missione compiuta.
L’uovo sciolto nell’aceto è ancora nel bicchiere, o almeno ciò che ne rimane. È sul pensile alto della cucina, non puzza. Non ho il coraggio di buttarlo: è la mia reliquia del coraggio.
Perché ce ne vuole ancora. Tanto.
I rami spingono fuori i boccioli, c’è voglia di primavera. Ma ci sono giorni in cui la nebbia scende a banchi in combutta con il vento e vanifica le speranze di un cambio di stagione.
Pazienza. Teneteci nell’inverno, voi due, tant pis, ma mentre vi date tante arie, spazzate via almeno ‘st’apatia, per favore. Che questa patina grigia appiccicata alle ore sta guastando l’umore e il colore degli occhi.
I figli da ieri sono in vacanza. Ma niente rientro in Italia neanche stavolta. Niente panini e schifezze da viaggio. Niente ‘siamo arrivati?’ ad ogni scalata di marcia. Niente progetti di merende e quanti amici.
Ci sono qui i nonni però. Prezioso souvenir lasciatoci da Wonderaunt.
Papi Bracciodiferro vince le zolle incrostate di freddo e le trasforma in un letto per i fiori futuri. Ha appena assunto il nipote tredicenne come praticante per spostare terre di carriola. E il ruolo di apprendista coltivatore ben si adatta al figlio adolescente a casa da scuola e in cerca d’altrove.
Prima, nella settimana passata a gelo e pioggia, il nonno tuttofare ha ridato luce agli interni dipingendo di bianco tutto ciò che si trovava a portata di scala, rullo e pennello. Ho avuto, lo ammetto, la tentazione di mettermi contro parete per cambiare colore. Per mimetizzarmi e sparire un po’.
Mamie Olivia Oil unge polli e dissapori e il suo Pan di Spagna leggendario dura il taglio di sei porzioni.
Ma la figlia è dura da addolcire, anche se ogni tanto cede alle tentazioni della nonna.
Stamattina vaga presto sulle scale. Me la trovo scalza e con i capelli davanti che ringhia un buongiorno presagio di guai. Io respiro e schivo il colpo.
Mai litigare a stomaco vuoto.
Anche perché non c’è una vera ragione di guerra se non lo stare ormai da un anno insieme in questa trincea.
Il corona è diventato quell’ospite sgradito e invadente che non si riesce a far sloggiare. Allora si finge di tollerarlo, ci si maschera per evitarlo, si ostenta un’abitudine scaltra.
Invece la soglia del limite è superata da un pezzo, ci stiamo tutti sul cubo e ci incrociamo armati di aria cattiva filtrata male.
‘Andiamo, vieni con me’ le intimo senza badare alle sue proteste. Camminiamo un’ora lungo il canale. Senza maschera, senza meta.
Passa qualcuno, scansiamo cani e bici e il sole ci riscalda la pelle. Ci sono gabbiani sull’acqua e anatre e papere insolenti. Loro non sanno che pena è l’andare in questo lungo tunnel virale.
Starnazzano stupide e stupite di un botolo che abbaia.
Ringhioso e disperato.

mine vaganti

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