O. Ossigeno
Stasera sono così stanca che vorrei avere una controfigura per arrivare a finire i ciak della giornata.
Sorridente, dinamica, con il dono dell’ubiquità. Che se si sogna occorre sognare come si deve. Pure con le controfigure. La mia sarebbe grandiosa, una stuntwoman con cosce a prova di ustioni, cuore di gomma rimbalza tristezza e mani prensili per acchiappar sorrisi e bicchieri in caduta libera.
Invece per ora di gomma ho solo le ciabatte e in mano stringo il sacchetto degli scarti organici da buttare. È comunque una buona scusa per guadagnare il giardino. Il figlio ha sequestrato il marito per qualche video di rugby. I nonni stanno esaurendo le pile con la figlia e un po’ di tv.
Il minicane mi vede aprire la portafinestra e mi segue.
Andiamo.
Il terrazzo pulito stamattina mi srotola un tappeto di raggi al tramonto. Scendo la scala di legno sul prato ordinato, l’unico girasole mi promette di sbocciare presto. In un inchino.
L’aria è umida ma sa d’estate e di cene ormai sparecchiate.
Cammino con il bottino da depositare nel composter e il mio socio in bianco e nero corre a rotolarsi in profumi innominabili.
Poi torniamo sui nostri passi, lo prendo in braccio e mi siedo sotto al ciliegio, dove Bracciodiferro ha usato alla grande i bancali d’avanzo.
Sto qui a far carezze e guardo in su tra i rami le foglie che si spengono. La casa è immobile, sento un silenzio che durante il giorno spesso inseguo. Invano. Ora c’è ed è bello.
Esce la vicina, le sue ciabatte sono di velluto blu, ha un grembiule bianco con le rose, mi saluta, ma non vuole disturbami. Macché.
Mi sposto sull’altalena e dondolo chiacchiere su pass da mostrare e more da raccogliere.
Je m’en vais dimanche pour quelques jours. Servez vous.
Gentile, generosa, discreta. Se ce l’avessero fatta su misura una vicina così non sarebbe venuta altrettanto bene. È pure simpatica.
Dondolo e chiacchieriamo di vacanze e utensili da giardino. La vanga per Ufficiale e Gentiluomo ce la può prestare lei, se mai gli servisse per preparare un pezzo di terra da orto.
Merci, mais on verra.
Forse gli fa piacere prendersela lui come gli pare.
Il minicane intanto mi sguscia via e si avvicina al rientro. Si ferma a metà scala e mi chiama con la coda. Ok, arrivo.
Saluto l’amaca che gioca a nascondino con le ombre, ringrazio la vicina per l’ora d’aria e chiudo le finestre.
Ciak.
Buona la prima.
