N. Affaires di famiglia
Tornare a Casa dopo undici mesi è strano.
Sembra passata una vita e sembra ieri. Forse perché le cose aspettano tranquille, lì dove le abbiamo lasciate. E il profumo è sempre lo stesso.
Alcuni oggetti non ricordo neanche di averli spostati. L’anno scorso prima di chiudere pensavamo fosse solo per qualche mese, alla peggio fino a Natale. Invece a colpi di lock down e coprifuoco riparcheggiamo in cortile che è di nuovo ancora estate.
Sul piano della cucina c’è il cesto di frutta fresca che Olivia Oil ci fa sempre trovare e il frigo pieno e i biscotti con le stelle che oltralpe sono rari e i letti già pronti con le lenzuola fresche di bucato. Il nostro Grand Hotel.
Il nostro chez nous. È un misto di memoria e quotidiano che accompagna i nostri spostamenti da un Paese all’altro, spesso da una vita all’altra.
I Francesi di traslochi ne fanno tanti, per lavoro, per abitudine, per cultura.
I vicini di sinistra lato strada hanno venduto la casa in due giorni e quindici visite.
Lui, che di mestiere fa il pompiere e per hobby canta, ha ridipinto due pareti pour faire joli e la moglie mi ferma una mattina di aprile per raccontarsi. In tre anni di conoscenza sono entrati nel Guinness della discrezione: mai una parola di troppo, mai un prendiamoci un caffè. Neanche nel primo confinement. Senza colpo ferire sono finora passati indenni ai nostri agguati a voci tese. Ma sarà il tempo in scadenza, sarà l’euforia del cambiamento, lei ha voglia di parlare. La scusa è farmi vedere se tra le cose che lasciano ci fosse mai qualcosa che mi interessa. Ci fosse mai???
Io, rottamaia inside, non mi faccio certo scappare l’occasione. Recupero uno sgabello arancione e una sedia pieghevole di legno. Un peu abimés ma niente che un colpo di spugna e pennello non possa sistemare.
La loro vita, invece, mi dice, non si sistema più.
E come fossi la sua migliore amica parla della loro separazione dopo diciassette anni insieme. Erano e sono ragazzi, con due figlie e una casa da vuotare. Perché, nonostante manchino solo due giorni alla firma e alla vendita, le garage et les étages sono ancora strapieni. I divani del soggiorno, per esempio, non ha fatto in tempo a venderli, neanche a regalarli.
Non è che per caso ne voglio uno?
Per caso, il giorno dopo alle sei sveglio il marito e andiamo a traslocare un klippan ikea quasi nuovo. Dove lo metteremo è ancora un mistero, mais je suis confiante.
Dell’altro canapè recupero i cuscini. Enormi. Sanno di fumo.
Per il resto si arrangiano. Merci beaucoup!
Dopo cinque anni qui ho imparato qualche codice di comportamento. Vogliono sbrigarsela fra loro. Siamo ora persone poco gradite.
Così io e il marito ce ne andiamo a bere il primo caffè della giornata, mentre la fu coppia finisce di vuotare la loro fu casa.
Alle sette passano les encombrants, il camion della nettezza urbana che recupera les affaires trop grands.
Mentre sorseggio la mia sveglia nera, do un’italianissima sbirciata dalla finestra. Non posso farne a meno.
Sulla rampa d’ingresso giacciono momenti sparsi di vita di famiglia: il rialzo di plastica per arrivare al lavandino (anche i figli ce l’avevano uguale, e quello dei vicini è pure quasi nuovo), mobili smontati, valigie debordanti, sacchi neri chiusi male. Una vita in discarica.
Forse è un bene a volte faire le tri, ma qui mi sembra solo molto triste.
Ritorno con il pensiero alla nostra frutta sul piano della cucina di Casa, alle lenzuola che sanno di buono.
Venisse mai anche per noi il giorno della discarica, spero che al massimo sarà per portarci i cartoni vuoti della pizza.

Senza categoria cimancheranno discarica materialedirecupero ritorno