Il vento soffia rabbioso stasera.
Mi assomiglia. La rabbia mi accompagna spesso in questo periodo. Non ce l’ho con nessuno. E ce l’ho con tutti. Sbatto cose come se dovessi montar l’albume per le meringhe, invece rompo bicchieri troppo fragili sotto i miei colpi. La voce si alza con le diverse sfumature delle raffiche.
Ecco. Non si fa. Lo so.
Oggi ho addirittura buttato il rotolo finito della carta igienica nel nero. Lo so. Non si fa. Trasgredire sulla differenziata è quasi peggio che essere sprovvisti di Green Pass.
Mais je m’en fiche.
C’è qualcosa di immediato nelle esplosioni che calma. E un po’ guarisce.
Devo solo cercare di allungare gli intervalli. Tipo ogni quattro ore…e poi più in là. Ogni due giorni. Cose così.
Altrimenti finisce che ne divento dipendente e poi si sa, disintossicarsi è dura.
Metodi di sopravvivenza. Strategie di protezione.
Pulire. Cucinare. Strappare l’erba. Rimettere in sesto una sedia salvata dalla discarica dei vicini. Per esempio.
Prendo la spazzola di ferro che dopo la partenza di Bracciodiferro rischia di fare la ruggine. Tolgo il tempo incrostato sul legno malandato e passo lo straccio. Il pennello scivola agile e cura, il bianco pulisce e rinnova. Ci metto un paio d’ore o forse qualcosa in più.
Causa pausa tiramisù.
La figlia decide di preparare il dessert per stasera ma mamma, ci vogliono anche le uova, vero? Quante? E il caffè con la moka come faccio? Lo zucchero lo metto quando? Mamma, la sai bene la ricetta? Alla deuxième question sono già in cucina. Che mica possiamo urlare tutta la preparazione da una parte all’altra del giardino.
La sedia comunque è finita. Niente di che, ma sta meglio.
E io pure.
Il vento continua a soffiare. A raffiche. Gli alberi si piegano, le tapparelle sono scosse. Finché cambierà direzione. Si calmerà.
E io pure.

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