100 e quindici. Io e le vertigini

E ora che faccio?
Chiudo gli occhi, ma non cambia molto.
È il silenzio che crea il vuoto.
Sembrava una mattina normale d’altri tempi, con qualche correzione virus presente.
Sveglia presto, colazione in batteria, marito uscito veloce con la camicia stirata di fresco. Io inizio in passeggiata spedita con il figlio che entra a scuola mettendosi in maschera sulle croci. Oggi c’è coda, come in panetteria, ma non misurano più la temperatura e per le mani pazienza, ormai tutti hanno il gel.
Mi fermo ad aspettare che sia dentro il cancello, casomai esplodesse qualcosa all’ultimo momento e intanto chiacchiero con l’unica mamma che fa come me. Ovviamente è italiana ed è la mia amica. Uniche a salutare i figli che vanno in trincea. Gli altri scaricano al volo o li mandano soli. Sono grandi, lo sanno come si fa. Noi si resta un pochino a guardarli andar dentro, salutiamo la loro infanzia a poco a poco. Forse siamo troppo presenti, forse troppo apprensive. Ma ci piace così.
Ciao, scappo che l’altro entra fra mezz’ora.
Corro a casa anch’io. La figlia è già pronta sul divano. Il minicane in braccio le fa da scudo, ma mi spiace, pupetta, nello zaino con tutti quei libri posto non c’è.
Arriviamo al cancello puntuali. Ha un inizio di pianto, ma stoica inghiottisce. Entra, arriva a metà, la vedo che parla con un suo compagno. Ritorna fuori correndo, le trecce già arruffate.
Mamma, non so il numero del mio cerchio.
Oh bella, pure le caselle numerate ci sono, in ‘sto gioco dell’oca impazzito.
Tranquilla, figlia, ecco la direttrice.
Andando dirette alla fonte il cerchio è assegnato all’istante.
E ora sono qui, in questa vertigine silenziosa che è la casa vuota dopo quasi quattro mesi di traffico continuo.
I mestieri sono archiviati da prima, il minicane spiaggiato mi invita al riposo.
Mi faccio un caffè e raccolgo una ciabatta dispersa.
Ho solo due ore, ma sono infinite.
Posso fare, posso andare, posso chiamare, posso fermarmi un momento ed ascoltare.
Nessuno ha bisogno, nessuno bisticcia, nessuno richiede il mio intervento immediato, nessuno mi chiama.
No, un momento, cos’è ‘sto rumore?
È il telefono. E squilla.
È durata un istante la vertigine del vuoto e non è niente male.
Domani ci riprovo.

festa!

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