XXVI. Conosco una scorciatoia

‘Passiamo di qui, dai’
E quanto mai.
Doveva essere un’uscita veloce. Una pedalata prima del resto, giusto per sgranchirci un po’ e ça suffit.
Che appena alzati ci aspettano i compiti e qualche lavoro accessorio. La domenica ci si riposa. Dopo.
Ma il figlio è da ieri che insiste con la bici. D’accordo. Facciamo colazione e si esce presto. Presto…è un obiettivo. La realtà è che il sole è quasi a metà strada quando finalmente riusciamo a partire.
Gonfia le ruote, metti il casco, aspetta che prendo l’acqua, ma gli occhiali ce li hai? c’è aria ricordati la felpa, un attimo chiudo le finestre, non ho lavato i denti, bagna i gerani, spazzola il minicane, allora ci siamo? figlia, noi andiamo, sto davanti io, no seguimi tu, mi è caduta la catena, ma dove mangiamo?
La strada a un certo punto si mette da sola sotto le ruote e ci trascina via.
Destinazione giro corto che poi c’è da fare.
Il marito fa l’apripista, la figlia dietro a ruota, io eccomi, il figlio à suivre.
Attraversiamo a zig zag il quartiere deserto, i giardini sono silenziosi, il marciapiede non ha neanche una coppia con guinzaglio da mostrare. Sono tutti in casa o nelle auto che affollano la provinciale. La percorriamo spingendo sulla ciclabile. La leggera salita fa sognare il ritorno al figlio, avido di velocità facile.
Ma da qui non torneremo, anche se non lo sappiamo ancora.
La campagna arriva con aria dimessa, erba disorganizzata e pochi fiori: siamo in zona agricola dopo un raccolto. Le pulizie le hanno fatte sommarie. Resta qualche pianta sparsa, mi sembrano patate, ma dovrei fermarmi. Invece si va.
‘Gira di qua’ suggerisco. Una famiglia ci guarda passare, hanno i vestiti della festa, pacchetti piatti in mano, il papà tiene per il collo due bottiglie. Una coppia di anziani li aspetta sul cancello aperto poco più giù. Si sente un profumo buono.
Quasi quasi…
No, noi si prosegue, il pranzo è già pronto a casa. Tra poco torniamo.
‘Guarda che bella pista!’
D’accordo entriamo. C’è il cartello dell’obbligo mascherina. Même à vélo? È assurdo, lo so. Ma teniamole appese, rispettiamo le attese.
Siamo nel circuito che costeggia il piccolo aeroporto turistico. L’aria azzurra è piena di parapendii oggi. In mancanza di vette si mettono in altezza con l’aereo e si buttano dentro al cielo riempiendolo con i loro costosi coriandoli. Noi li guardiamo con il nostro viso coperto ed è uno scherzo di carnevale.
‘Così non vale!’
La strada è sbarrata, dobbiamo girare. Più o meno vediamo la direzione, più o meno ci orientiamo con l’orizzonte, più o meno ci perdiamo.
Non siamo lontani, tranquilli che con il navigatore si torna veloci.
‘Mi presti il telefono?’.
‘L’ho lasciato sotto carica, usa il tuo’
‘E secondo te perché te lo avrei chiesto?’
Ma infatti. È un piccolo giro in bici. Perché portarsi un cellulare quando abbiamo l’armadio quattro stagioni e il pozzo di San Patrizio?
‘Mamma, ho fame’
E certo, sarà anche ora di pranzo. Però non si sa. Neanche l’orologio è venuto con noi.
Famiglia di scappati di casa, adesso torniamo.
Che dite di questo sentiero? Mi sembra di conoscerlo. È di sicuro una scorciatoia.

‘Ehi! Siamo qui!’
Nessuna delle tre mongolfiere lassù ci mostra interesse, continuano il loro volo silenzioso sul far della sera.
Pazienza, il minicane non vedendoci rientrare avrà dato l’allarme.
La squadra dei soccorsi dovrebbe arrivare a momenti.

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