CXV. Ai blocchi

Ha cominciato la caldaia. Senza nessun preavviso, nessuna falsa partenza, si è piantata nel bel mezzo di una gelida notte di gennaio.
Trovarsi dieci gradi in cucina prima del caffè non è un buon risveglio. Scendo in garage, la guardo. Non sono un idraulico ma la pressione bassa la riconosco. Chiamo il nostro chauffagiste per una conferma di diagnosi e opero subito. Quando ti manca l’acqua basta girare due manopole e tu riparti, bellezza.
Fosse sempre così facile.
Poi si è bloccato lo scarico. No, non il nostro, che guai a lui, lo tengo d’occhio. Il tappo è in una casa amica, dove abitano le figlie universitarie dei partiti per Tahiti. Pur restate in zona non le vediamo da mesi, accidenti al corona.
Ci organizziamo: hanno meravigliosi capelli lunghi, chissà che voglia di farsi una doccia come si deve. Arrivano attrezzate di mascherine e asciugamani per non déranger, sono due elfi educatissimi carichi di coccole per noi. Ripartono con una crostata e una promessa. E io ringrazio le loro condotte otturate per avercele riportate.
Un blocco a volte ti cambia la direzione.
E infatti.
Chissà se lo aveva previsto. Io credo di sì.
Perché alla fine si è fermata. Lei. La tartaruga più anarchica e più bionda che conosca.
Quando tutto ha cominciato a girare troppo in fretta, a confondersi fra speranze rimandate e nuove chiusure, lei ha rallentato il passo, ha manifestato in sit-in con latte e cacao, ha tentato di avvisarci.
E niente. Noi niente. Abbiamo rimandato a poi e continuato a seguire la corrente. Chini e meschini.
Lei no. Lei si è ribellata. Nel suo modo elegante e alternativo, chiassoso il giusto.
Ci si è piantata davanti, al centro del soggiorno, in mezzo alla vita.
E si è fermata.
‘Provate a smuovermi adesso’ non dice.
E chi chiamiamo, stavolta?
Uno specialista in pressione, come per la caldaia? Manca l’acqua, manca l’aria.
Ma qui di pressione ce n’è troppa e, intuito il rischio esplosione, lei saggia ha azionato la valvola di sicurezza. Ha tirato il freno prima dello schianto in galleria.
Perché è lei la cura del nostro tempo malato.
Come la Cassipea di Mastro Hora ha previsto quel poco di futuro che serve a salvarci la vita.
E fermandosi ha iniziato a far muovere forze buone che stanno arrivando.
Ci ha messo ai blocchi di una partenza nuova.
Perché non è una corsa a ostacoli, dove vince chi più gente schiva, questa è una maratona, che va finita insieme. Uniti. Vicini. Ma per davvero. E pazienza se si corre qualche rischio. Il rischio più grande è di abituarci alla solitudine e alla distanza. Consumare i mesi rincorrendo un futuro che continua a fregarci e rimpiangendo nei film i giorni di libertà al passato.
È quasi mattina. Il cielo continua a gocciolare. Lento.

nel cuore


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