CXLI. Gusci e luce
C’è un guscio vuoto sotto l’altalena vicino alla quercia in giardino. Sono due giorni che è lì.
Lo vedo che spicca di bianco nell’erba da tagliare e non mi va di toglierlo. Non ancora.
Sarà caduto dal nido in alto dopo essere stato rotto e abbandonato. È così con i gusci. Dopo un po’ diventano troppo stretti. Le ali fremono, premono, spingono. Vogliono andare.
E il guscio si arrende, cede e passa la mano.
Solo che il momento non è mai quello giusto. Per noi almeno. Che quel guscio lo amiamo così tanto.
Non era ancora il momento di andare, lo sai.
Lo sappiamo tutti. Per questo restiamo immobili e senza parole. Le cerchiamo, qualcuna la troviamo anche, ma non basta.
Guardo il guscio nel verde e vorrei poter volare anch’io veloce su quel piazzale dove sono cresciuta insieme a tanti amici. Dove stasera i tuoi amici stanno in cerchio intorno al tuo nome sotto la croce laica che da una vita condividi e rappresenti.
Sei uno che se manca si sente.
Anche se hai sempre parlato poco.
Il giusto.
Più che altro fai.
Bene.
E guarda quanto ne hai fatto in questi anni. Quanto esempio.
Il guscio ti stava stretto, accidenti. Volevi volare.
Guardo il cielo a nuvole sparse che è così grande quando c’è il sole.
Eccoti arrivare in bici per le strade del paese appena uscito dalla fabbrica dove lavori.
Mi saluti con un cenno del capo e un sorriso.
Buon volo, anima bella.
E grazie!

per te
Un Uomo buono.
In CRI non l’ho mai visto con le mani in mano. Un Esempio.
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