CXXVII. Divento
E poi anche il guru è caduto. Dalla bici. Un gran volo, una gran botta, il mezzo compromesso, le sue ossa no, per fortuna. Ma è caduto. Lui. Che pedala da mesi tra Brianza e comasco superando audace le code dei motorizzati. Lui che canta sui pedali e sotto la pioggia, novello Gene Kelly in k-way. Lui che neanche la neve lo ferma. Figuriamoci una pandemia. Un’ora per andare, un’altra per tornare. La sera soprattutto è speciale. Nel suo percorso alternativo incontra il sottobosco della gente che non ha la scelta sportiva. Solo una bici.
Lo vedo che si affianca, che chiacchiera, che sorride sudato e sincero e conquista chilometro dopo chilometro libertà ed equilibrio.
No, forse su quello ci devi ancora lavorare, caro guru. Dici che sei caduto quasi fermo. Vicino a casa. E meno male. Che alla tua età, amico mio, se ti raccoglievano estranei premurosi rischiavi di finire a sirene spiegate. E poi spiegaglielo tu ai dottori che hai una moglie dalle mani magiche che vale cento radiografie. Per fortuna sei scivolato a due passi da lei e senza troppo clamore.
Infatti me lo racconti quasi un mese dopo. Il fatto. Non che ci sentiamo spesso, noi due, ma hai davvero un senso del riserbo un po’ esagerato.
E se non ti avessi mandato la foto dal lago, chissà.
Sempre quando vengo qui ti penso. C’è un teatro in mezzo alla natura di fianco all’acqua.
Un jour on jouera ici, c’est promis.
Per il momento aspetto di entrare. Sono tra i privilegiati spettatori di uno spettacolo presentato in anteprima a professionisti e programmatori. Di questi tempi è una rarità. Sono un po’ sottosopra. Emozionata.
Sarà anche per il vento di oggi. È davvero tanto. E soffia così forte che la calma piatta del lago fa le onde.
Imprigiono in un’immagine questa ola d’acqua che si muove in uno stadio orizzontale a riverbero bianco e la mando al guru.
Mi chiama. Mi racconta della bici. E di tutto il resto. Parliamo di questo tempo che sembra un gambero. Rosso e à rebours.
I gabbiani intanto fanno surf nei riflessi e li schizzano sullo specchio liquido in frantumi.
Gli alberi si inchinano al signore delle nuvole e i rami raggiungono le note basse di un tappeto sonoro intonato.
Mi metto qui. Apro le braccia. Chiudo gli occhi. Sono in piedi. Sono in bici. Corro. In discesa. Senza freni.
Magari cado.
Magari volo via. In un abbraccio.
Divento.

mare nostrum
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